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Aggiornato: 13 giugno 2025
LIDIA. Son disamata, odiata e schivata da ciascuno. AMASIO. Non dite cosí, ché conosco persona che v'ama tanto che non so se voi cosí amate Cintio svisceratamente. BALIA. Ascolta, figlia mia, ché non è morto il mondo per te giá. LIDIA. Che miserabil uomo deve essere costui che si sia posto ad amar me?
Ma non è Amasia quella ch'or si mostra in fenestra? ella è per certo e par che mostri voglia di ragionarvi: vi sta mirando. ERASTO. O felice incontro! Or conoscerò, Cintio mio caro, quanto appresso di voi vagliano le mie preghiere. CINTIA. Scostatevi ché non vi vegga, se non che sconciaremo il tutto. ERASTO. Sto qui bene? CINTIA. Un poco piú in lá; un altro poco: cosí state benissimo.
Avete il torto a star cosí sul rigor del primo decreto: m'avete cosí inacerbite le piaghe dell'anima che me ne sento morire. ERASTO. Seguite. Par che non abbiate parola: che mutazione è questa? voi mi parete mezo morto! CINTIA. Sento un svenimento d'animo che mi pone in forse tra il vivere e il morire. ERASTO. O Dio, che cosa è questa? Cintio mio, rivenite! CINTIA. Ho fretta di partirmi; adio.
O Cintio mio caro, e con quanto bel modo ne la priega! CINTIA.... E questo per un effetto importantissimo:... AMASIO. Io non vi ho inteso. Accostatevi un altro poco: dove sète? CINTIA. Dove era sto. ... dico, per un effetto importantissimo. Signor Cintio, una vostra umilissima serva ancora vi supplica d'un favore.
ERASTO. Ogni contento e felicitá che posso aver in questa vita è la tua presenza, anima mia! CINTIA. M'avete comandato per Cintio, vostro fidelissimo amico, che fusse venuta qui in finestra: ecco vi ubbedisco, perché la vostra bellezza è fatta padrona del cor mio, ogni vostro desiderio è fatto padron del mio. ERASTO. E quando io potrò compensarle cotanta cortesia?
SINESIO. Che cosa t'odo io dire? ARREOTIMO. Il fatto va tutto al contrario di quel che pensate: ché Cintio non ha tolto l'onore a Lidia, ma Erasto l'ha tolto a mia figliuola, l'ha impregnata ed è quasi vicina al parto. SINESIO. Che figlia aveste voi mai? voi mi burlate. ARREOTIMO. Ho una figlia femina, e non vi burlo. SINESIO. Di grazia, disvelatemi il negozio ché lo capisca.
ERASTO. Deh! andatevene a casa, gentilissimo Cintio mio, ché forse or ora potrá aver l'agio e venirsene a casa vostra; ché con la medesima affezione io servirei negli amori vostri. CINTIA. Quando i miei amori saranno aiutati da voi, saranno felicissimi. Orsú, io me ne vo, ché questa festa non si può far senza me.
Orsú vieni, ché non vo' che tu muoia per mia mano: la mia vendetta sia la tua vita infame: sopravivi alla tua codardia! Questa è la casa di Lidia; vo' fare il segno: fis, fis. BALIA di Lidia, AMASIO, LIDIA, DULONE. BALIA. Cintio mio, sète voi qui? AMASIO. Sí ben, balia mia cara. BALIA. Lidia, Lidia figlia, che badi che non corri a ricevere il tuo Cintio? LIDIA. Cintio, anima mia, dove sei?
Ma io dubito che voi siate come colui che ha la febre al cervello, che vede una cosa per un'altra. Dice madonna Pandora ch'ella non vi conosce, che non ha ventre gonfio per pensiero; e voi dite che è vicina al parto. ERASTO. Pandora deve esser qualche porca come tu sei: vi sète accordati insieme per farmi cadere in odio Cintio.
AMASIO. Perché ti ho sofferto troppo, sei fatto cosí insolente; chi sei, olá? fatti innanzi! CAPITANO. Costui non dice a me, ché se sapesse chi sono tremerebbe dal capo alle piante. AMASIO. A te dico, capitano, se sei uomo da bene fatti innanzi! CAPITANO. Non fui, non sono né voglio essere uomo da bene. CAPITANO. Ma tu chi sei? AMASIO. Son chi vuoi tu che sia, quel Cintio che desiavi.
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