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Aggiornato: 12 maggio 2025


Quando giunse, trovò Gisella ancora mezzo vestita, distesa sul letto di Biancolina, e il medico di San Giorgio al suo capezzale. La povera bella era inerte, con le braccia abbandonate sul lenzuolo, gli occhi semichiusi, cerea nel volto, come una morta. Che cosa è stato? gridò il generale, cacciandosi avanti a guardare, poi rivolgendosi con gli occhi stralunati verso il dottore.

"Ahimè!... Un profumo mi niegano i fiori "E la Musa un esametro!" Sovra il suo ciglio brillò una lagrima; Scosso era il labbro da un lieve tremito; E la spaziosa fronte Chinava Anacrëonte. Allor dei vate battè sull'omero Il sacerdote, la cerea tavola Colla destra additando, E disse sogghignando: "Pazzi e pöeti sono sinonimi!

Tra essi primeggia il brigadiere del genio militare Anton Mario Lorgna, da Cerea, fondatore di quel corpo; architetto, idraulico, topografo e matematico di gran fama, il cui nome va indivisibilmente congiunto alla riputazione del Collegio Militare di Verona, gi

La luce gialla della candela le stendeva sul volto una maschera cerea, in cui gli occhi vitrei diventavano traslucidi e i capelli biondi si snaturavano in un pallidissimo color d'ambra; la camicia cilestrina così mite e ridente sopra un corpo rigoglioso, era sinistra su quel corpo magro, pareva un drappo ilare avvoltolato per ischerno intorno a un rigido fantoccio.

Egli, egli solo, aveva introdotto il gran nemico in casa. Che dolore, e che orrore! Egli amava più che mai quella donna; e quella donna era di Dio. Andò alla Balma il giorno dopo, di mala voglia, soffrendo in ogni parte dell'esser suo, ben sapendo di che. Trovò la contessa al suo telaio di ricamo, pallida, cerea nel volto, ma calma.

Colla faccia patita e quasi cerea, rigido e stecchito nel collare alto che gl'incastrava il mento tra due trincetti di moda, strinse la mano di donna Vincenzina tra le sue, tutte ossa e nervi, con due forti scosse, una di compatimento, l'altra d'incoraggiamento.

Il viso di una bianchezza cerea spiccava ancora più sotto la lunghissima barba di un nero d'ebano; i suoi occhi bigi avevano uno sguardo duro, imperioso; il sorriso ironico delle sfingi increspava le sue labbra sottili. Quell'uomo era il conte Ercole Patta, da pochi anni dimorante a Milano, sebbene dicesse di esservi nato e parlasse difatti il più puro dialetto lombardo.

Ei non udìllo; come le statue Chiuse nel tempio pareva immobile, E la fisa pupilla Non mandava scintilla. Spesso la destra la cerea tavola Avvicinava; ma sulla tenue Veste che la copriva Non un verso scolpiva. E d'inusato pallor coprivansi D'Anacrëonte le tempia, e l'unghia Tormentava la lama Con rabbïosa brama.

Parola Del Giorno

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