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Aggiornato: 3 giugno 2025
Ma mi rammento io, io che ti vidi sparire in quel carrozzone d'albergo, io che mi sentii a un tratto divenuto estraneo a te, solo, abbandonato, perduto, senza saper che fare della mia vita, con la folle tentazione di seguirti ancora, di raggiungerti per afferrarti e portarti via, sotto i suoi occhi, sotto gli occhi dei tuoi figli, dinanzi a tutti; poi col bisogno di fuggire, di non restare più un solo istante in quei luoghi, quella sera, quella notte, la notte della contaminazione....
Viaggio notturno da Milano a Finalborgo la notte dal 24 al 25 giugno 1898. Mentre i carabinieri si preparavano a metterci i ferri per avviarci alla casa di pena a scontare le sentenze militari, ciascuno di noi pensava, involontariamente, al carrozzone che ci doveva condurre dal Castello alla Stazione Centrale.
Eravamo arrivati non so a che villaggio. Mentre cacciavo la testa fuor del finestrino, una voce gridò: Scenda chi va a Granata! Mi precipitai giù dal carrozzone e mi trovai a faccia a faccia con un omaccione baffuto che mi tolse la valigia di mano, dicendomi che l'andava a mettere nella diligenza, perchè da quel villaggio fino a non so quante miglia dalla imperial Granada, non c'è strada ferrata.
Adagiato sul carrozzone dell'ambulanza, per altra via e la mercè di rapidissimi cavalli, precorsi Garibaldi. Mia moglie comperò un centinaio d'uova, cammin facendo, e si fece punto fermo a un'osteria oltre la Termopile oramai invano insuperabile. L'osteria era vuota d'ogni provvigione. Vuota per i borbonici passati testè, non per voi, disse l'oste patriota.
Io aveva aspettato senza impazienza fino a quel punto; ma quando, come vollero i fati, il pesante carrozzone fu sull'avviarsi, ed io mi trovai rannicchiato nel mio sedile accanto ad un corpulento abate che pareva occupatissimo a distaccare con uno stecchetto gli avanzi della colazione rimastagli fra i denti, soltanto allora, volgendo l'occhio all'intorno, ripensai allo scopo del mio viaggio, e mi parve di vederlo miseramente fallire.
Ma in buon punto a sviare la direzione dei miei pensieri, il carrozzone si mosse. Eran trabalzi d'ogni maniera; però vedendo dondolare al mio fianco l'enorme abate, e ad ora ad ora sentendomi attratto da qualche improvvisa scossa verso di lui, non potei frenarmi dal ridere. Tutti i viaggiatori, quale più quale meno, imitarono il mio esempio; solo il ministro di pace rompeva la monotonia di quell'ilarit
Poche ore dopo mi trovavo in un carrozzone del treno che andava a Madrid, e non era anche finito il fischio della partenza, che io mi diedi un gran colpo della mano sulla fronte. Ahimè! era tardi; a Valladolid avevo dimenticato di visitare la stanza dove morì Cristoforo Colombo!
Il Sant'Angelo intanto aveva atteso con una compiacenza particolare ai preparativi per la gita. Come ogni anno, per questa occasione era stata apparecchiata la carrozza grande, la quale non usciva dalla rimessa che per certe speciali ricorrenze, e il piccolo Agnul l'aveva pulita, lavata, lucidata con tanta cura che il vecchio legno, un po' pesante nelle sue forme antiche, brillava come nuovo dinanzi alla porta dello stallaggio. Poi il professore era sceso colla Vige in cantina e risalitone con un bel numero di bottiglie le aveva collocate accuratamente egli stesso, insieme a due bei cestoni colmi di ghiotte provviste, nell'ampia cassetta del carrozzone. Indi, verso le quattro del pomeriggio, quando l'aria era gi
Nella corsa sempre più turbinosa, pareva che da un momento all'altro le lucide e fragili pareti della cabina dovessero sfasciarsi, che il pesante carrozzone dovesse forviare e frantumarsi. Ora, sotto una lunga successione di interminabili gallerie, il fracasso era talmente assordante come se intere montagne franassero.
La bella fuggitiva, invece, non dormì un minuto del lunghissimo viaggio. Immobile, con la testa piegata e con l'occhio fisso alla finestrella del carrozzone, sembrava assorta. Ma l'oggetto ch'ella guardava con tanto amore doveva essere raccolto nella sua mente, perchè da troppo tempo più non curava di levar via col fazzoletto l'umidit
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