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Tra i feroci baroni romani ferocissimo. Sisto V, che fu pontefice (ed avrebbe potuto anche essere carnefice) di Roma, certa volta invitati al Vaticano gli Orsini, i Colonna, i Savelli, i Conti Cènci, ed altri fra i più potenti dei nobili romani, dopo averli trattenuti alquanto in piacevoli ragionamenti si accostava agli aperti balconi, donde, volgendo gli occhi alla sottoposta citt

Eccolo che leva gli occhi. Guarda quassù, guarda i nostri balconi. Difatti. Il colosso era , seduto a un tavolinetto tondo sul quale stavano il vassoio e la chicchera del caffè. Posava le mani sulle ginocchia e di volta in volta alzava gli occhi e li faceva trascorrere sulla facciata della biblioteca, lentamente. Così fa ogni giorno, da un mese disse l'usciere.

Si trovavano, è vero, dei balconi colla vista sulla immensa vastit

Sotto i nostri balconi, sul Corso Venezia, passavano i carri stranamente mascherati da una fantasia stanca, talvolta dolorosa nelle sue allusioni; e carrozze piene d'ubbriachi, e musiche di straziante festivit

Caracciolo, benchè sicuro del fatto suo, non senza inquietudine aspettava le sovrane risoluzioni: e col suo indispensabile occhialino, da uno dei grandi balconi del palazzo non si stancava di lanciare sguardi di fuoco sui passanti nella Piazza, napolitanescamente mormorando parole di sprezzo contro questi incoscienti del progresso filosofico d’oltralpe, indegni de’ tempi.

Ella aveva però dato appena qualche passo, con aria distratta e guardando ai balconi, che si sentì allacciare alla vita da due braccia vigorose e coprire il sembiante di baci frenetici. Bambina gettò un grido: si trovò in braccio del P. Piombini, che attendeva lady Elisabetta nel salone e che l'aveva riconosciuta. Nulla può esprimere il terrore della fanciulla sorpresa da quella folata d'uragano.

Le finestre e i balconi traboccano di deputati. Possiamo dunque aprire la seduta all'aria aperta. La piazza è vasta. Quel monumento di generale defunto è gi

Il Tempo!... Il triste scettico; L'êra, l'anno e l'istante; L'orco che mangia i popoli; L'impassibil quadrante; La sfinge inaccessibile; Il mistico serpente, Che afferra, eterno circolo, La sua coda col dente. In un nembo di polvere Cadon le vecchie mura; Sembran côlte le tegole Da un'orrenda paura; Ed i balconi, vedovi D'imposte e senza vetri, Sovra i passanti guardano Come occhiaje di spetri.

Io pure amai, o Venezia, la sontuosa penombra del tuo Canal Grande, impregnata di lussurie rare, e il pallore febbrile delle tue belle, che scivolano giù dai balconi per scale intrecciate di lampi, di fili di pioggia e di raggi di luna, fra i tintinni di spade incrociate...

Quattordici passi di lunghezza; sei di larghezza: una finestra alta cinque piedi da terra, e dalla cui ferriata a quadrelli vedi sempre quel medesimo strappo di Cielo, quella medesima tettoia dell'edifizio difaccia, quella medesima stella che sera per sera, qual malinconica amica, par che venga a darti un saluto, un conforto ed una speranza; un pagliericcio per sdraiarsi: una brocca d'acqua per bere; in quanto a mangiare... ci sono le mani che paiono fatte apposta per questo!... Il rumore del mondo, in mezzo al quale ti trovi ma che, almeno per ora è morto per te, viene a colpirti gli orecchi nella tua solitudine ed ora qualche allegra canzone ti rammenta i bei tempi che unito agli amici andavi a far la serenata sotto i balconi della tua bella: ora i concerti di una musica militare t'inebriano, ti rapiscono in pensieri l'uno più dell'altro impetuosi: ora il frastuono della via, le urla dei venditori, il continuo passare delle carrozze ti riportano i momenti in cui tu pur passeggiavi, in cui tu pure davi alla sfuggita un occhiata alle belle signore che come Dee ti passavano innanzi agli occhi, trasportate da' loro cocchi: insomma un cumulo di reminiscenze che ti straziano l'anima: è un martirio che fa deperire e qualche volta impazzire l'uomo d'ingegno e di cuore, e che indurisce viepiù chi è incallito nel vizio.