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Il prode Generale Medici avea il suo da fare nel centro ove comandava, a sostenersi contro le forti colonne che lo assalivano, e per fortuna egli contava tra i suoi subordinati il Colonnello Simonetta, uno dei più brillanti ufficiali dell'esercito meridionale.

Tuttavia, prima d'abbandonare la casa furono scambiati da una parte e dall'altra alcuni colpi. Intanto che fuori di Roma le armi andavano perdute, quei di dentro, ignari del fatto, alle sei e mezza, ora stabilita, assalivano audacemente il corpo di guardia alla porta San Paolo, se ne impadronivano, l'abbruciavano, e l'aprivano.

Piperio III poteva chiamarsi un re felice. Nel territorio a lui soggetto non esisteva che un solo giornale repubblicano il quale osasse talvolta indirizzargli qualche frizzo mordace. Piperio leggeva quel foglio tutte le mattine tra una fumata e una tazza di caffè. L'ottimo principe sorrideva dei lazzi democratici che lo assalivano.

I pensieri che lo assalivano erano così incalzanti e affannosi che non gli fu possibile di dormire. Gli pareva che il sangue gli bollisse nelle vene, gettava le coperte che lo soffocavano, si rivoltava nel letto che gli riusciva spinoso. Soltanto all’alba riprese un po’ di sonno, oppresso dalla stanchezza.

Ma al momento di commettere quell'atto così inaudito per lui, nel convincimento del sacrilegio, tutti gli scrupoli della sua anima religiosa e superstiziosa assalivano il povero cavallante.

Dopo quella sera egli era stato una settimana inquieto ed agitato: lo assalivano mille dubbi, mille sospetti; un turbine di pensieri gli girava pel capo: non si sapeva spiegare il contegno della giovinetta.

E mi raccontava le traversate notturne, d’inverno, solo per le ghiacciaie mortali, carico come un mulo, le tormente che lo assalivano, lo flagellavano a sangue, e lo tenevano immobile, rannicchiato sotto un antro di rupe, pauroso di soccombere al sonno traditore della montagna, il sonno gelido, invincibile avanguardia della morte.

Il 20 maggio gli Austriaci, forti di 6000 uomini oltre l'artiglieria, assalivano i posti avanzati di Vicenza sviluppando la loro azione di artiglieria e di ben nutrito fuoco di fucileria contro le barricate di Porta S. Lucia, di Porta Padova e di Porta S. Bartolo, ma dopo 4 ore di combattimento il nemico fu da ogni parte brillantemente respinto.

Ogni volta che ne aveva assolto uno, e un altro andava ad inginocchiarsi ai suoi piedi per narrargli, nel solito modo grossolano, i vecchi peccati triviali, le vecchie miserie, don Giorgio sentiva che le sue forze diminuivano e l'uggia cresceva. Le distrazioni lo assalivano accanitamente.

Un freddo sudore scorrevagli abbondantemente per la fronte e un tremore fortissimo agitava le sue membra. Impeti di ira lo assalivano e sentivasi spinto da una pazza voglia di fare, con una palla di fucile, scoppiare la testa all'arabo. Tuttavia non si sentì capace di puntare per la terza volta il remington e d'assassinare il traditore.