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Aggiornato: 27 giugno 2025


Come si volgon per tenera nube due archi paralelli e concolori, quando Iunone a sua ancella iube, nascendo di quel d'entro quel di fori, a guisa del parlar di quella vaga ch'amor consunse come sol vapori;

Ella nacque in Bitinia, ed è donzella Per le cui man Sultana usa adornarsi; Chiamasi Barce, e non è turca ancella, Che seco di virtù possa adeguarsi; Dir, ch'ella sia gentil, ch'ella sia bella, Che per lei d'infiniti i cor sieno arsi, È travagliar in van, nessuno il nega; fatto guiderdon per me si prega.

NER. Ed io, pur certo che d'oscura vita ti appagheresti meglio, a te prescritta l'avea; ma poi... OTTAV. Ma poi, pentito n'eri: e ch'io non fossi abbastanza infelice, nascea rimorso in te. De' tuoi novelli legami aver me testimon volevi: quí di tua sposa mi volevi ancella; favola al mondo, e di tua corte scherno farmi volevi. Eccomi dunque ai cenni del mio signor: che degg'io fare? imponi.

Tu sai, buon Dio, che io sarei rimasta contenta d'essere la sua umile ancella; ma tu hai voluto ch'io fossi qualche cosa di più. Grazie! che tu sia lodato per sempre!

Come si volgon per tenera nube due archi paralelli e concolori, quando Iunone a sua ancella iube, nascendo di quel d’entro quel di fori, a guisa del parlar di quella vaga ch’amor consunse come sol vapori,

E avevi ragione; e così fu; soggiunse il Bardineto. Ma cotesto non mettea conto alla maliarda. Voleva esser sola qui, regnar sola. Un uomo giovine e prode viveva nella corte di suo padre; la vedeva, le parlava ogni giorno, e non si curava altrimenti di lei? E i begli occhi di una ancella avevano avuto più potere de' suoi? Un reo capriccio le nacque allora nell'anima, di sviare quell'uomo, di ferir questa donna nella sua onesta alterezza. Imperocchè tutti, in qualsivoglia stato cresciuti, possiamo averci la nostra; e la tua, o fanciulla, è giusta, è sacra, come l'alterezza d'una figlia di re. Sei bella; è questa la tua nobilt

Amo io così raffigurarti, o pia Sposa, lungo l'azzurra erta divina, su l'ali d'una candida angelella. O del Signore ancella, soffuso di pudore il vivo giglio de le tue membra apparir

Come si volgon per tenera nube due archi paralelli e concolori, quando Iunone a sua ancella iube, nascendo di quel d’entro quel di fori, a guisa del parlar di quella vaga ch’amor consunse come sol vapori,

Te fa minor d'ogni piú vile ancella tua turpe fiamma: appien dal prisco grado, dalla tua stirpe appien scaduta sei. OTTAV. Tu meno assai mi abborriresti, s'io scaduta fossi or d'ogni cosa; o s'anco tu il pur credessi. Ma, se il vuoi, ti dono, tranne sol l'innocenza, ogni mia cosa.

Se in alcuna tua carta eco facesti D'animi non cristiani alla favella; Se di soverchio duol semi funesti Sparsi hai ne' cuor che passïon flagella; Se del secolo errante in cui nascesti, Bench'alta, l'alma tua rimase ancella, Opra fu di fralezza e di prestigio, Non mai di petto a mire inique ligio.

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