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Aggiornato: 8 maggio 2025
Il grande romanzo edito come versione del Codice diplomatico arabo dal buon Airoldi, consta di quasi 4000 pagine e se ne ha un esemplare nella Biblioteca Comunale.
Nel solo a. 1785, per violazione di diritti, il Collegio, a ragion di liti, e per sole mance pagava di continuo i servi dei causidici Orlando, Ferraloro, Denti, Ardizzone e lo staffiere di Nicolò Schiavo, e i creati del Pretore, del Vicerè, del Presidente Leone, del Presidente Paternò, del Presidente Airoldi, e i seggettieri del Protomedico e perfino quelli del Procuratore del Collegio.
³²⁰ Questa divisa fu ordinata dal Presidente Airoldi, nel 1773, per distinguere il carnefice da qualunque altra persona di giustizia. La provenienza del boia era degna del suo mestiere.
Essi non perdevano di vista l'amato loro capo, ed accennando il pericolo, al bravo capitano Airoldi, in riserva con una compagnia di ragazzi¹ tutti si precitarono alla riscossa.
Mons. Airoldi, Giudice della Monarchia, amantissimo di cose sicule e delle vicende dei Mussulmani in Sicilia ricercatore premuroso, ma, perchè ignaro di Arabo, non fortunato, gli faceva allora domandare se si fosse mai imbattuto in alcun codice che portasse nome a quella dominazione tra noi: ed il Vella rispondeva uno averne veduto con l’Ambasciatore nella Biblioteca dei Benedettini di S. Martino, che narrava appunto della conquista musulmana dell’Isola; difficilissima però esserne la lettura, non che la intelligenza.
Di tanto in tanto qualche nuvoletta sorgeva ad offuscare il sereno dell’anima di Mons. Airoldi. Quel nome, quella data, non sarebbero un errore di lettura? Ma il Vella, invitato a rileggere il testo di quel nome e di quella data, non avea nulla da rettificare, e sugli ordini sacri giurava che le cose erano proprio come avea detto lui.
Dei ragazzi di cui parla il Garibaldi così mi occorre scritto nelle note fornitemi dal Generale Sacchi: «erano giovanetti di 16 anni o meno, che componevano insieme una compagnia comandata dal Capitano Airoldi bergamasco, e formavano parte del mio corpo: qui a Velletri si distinse per prova di stupendo coraggio assaltando i nemici alla baionetta, e molti di essi facendo prigionieri, i quali poi strana figura facevano di sè, tratti in mezzo a cotesti fanciulli; nè a Velletri solo ma nello assedio di Roma, e nella ritirata a San Marino sempre comparve indomita di coraggio, e pagò largo, ahimè! troppo largo tributo di sangue alla Patria.»
¹⁹⁹ D’Angelo, Giornale ined., pp. 16-20. A Mons. Airoldi, nominato vescovo in partibus, sarebbe piaciuto consacrarsi nella chiesa del Salvatore, nel cui monastero vivea una sorella di lui: ma non volendo esporsi al biasimo di esser venuto meno a non so che competenza, pro pacis amore egli doveva rinunziarvi, e sostituire al Salvatore la privata cappella del Seminario arcivescovile²⁰⁰.
³⁵⁹ Codice diplomatico di Sicilia sotto il governo degli Arabi pubblicato per opera e studio di Alfonso Airoldi Arcivescovo di Eraclea, Giudice dell’Apostolica Legazia e della R. Monarchia del Regno di Sicilia. Palermo, nella R. Stamperia 1789-92. In 4., voll. III in parti 6.
Airoldi, che sulle fraterie aveva la giurisdizione. Secondo la diligenza ed il merito, i gradi e gli onori tra gli scolari.
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