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⁶¹ D’Angelo, Giornale ined., a. 1797, p. 142. Così giungevasi alla estate, e con la compagnia Tassini si assisteva alla rappresentazione del Pimmalione di Bonifazio Asioli o del Sirotti in luglio, della Morte di Cleopatra del Nasolini in agosto: opera grandiosa, nella quale sul palcoscenico appariva un carro tirato da quattro cavalli; dei Tre eredi in settembre.

Tra il ed il no, passarono quasi vent’anni senza che un rescritto sovrano troncasse la grave questione. Finalmente il 16 aprile del 1800 il Re con grande soddisfazione di tutti reintegrava nell’antico privilegio la Compagnia³⁴¹. ³⁴¹ D’Angelo, Giornale ined., pp. 792-793. Se al lettore non rincresce, noi passiamo a descrivere la pietosa funzione della grazia.

¹⁹⁹ D’Angelo, Giornale ined., pp. 16-20. A Mons. Airoldi, nominato vescovo in partibus, sarebbe piaciuto consacrarsi nella chiesa del Salvatore, nel cui monastero vivea una sorella di lui: ma non volendo esporsi al biasimo di esser venuto meno a non so che competenza, pro pacis amore egli doveva rinunziarvi, e sostituire al Salvatore la privata cappella del Seminario arcivescovile²⁰⁰.

³²⁷ D’Angelo, Giornale ined., pp. 197-98. ³²⁸ Giornale ined., p. 456. Questo P. Arceri passò in proverbio, come può vedersi nei nostri Modi, n. 63. ³²⁹ Storia del Reame di Napoli, l. IX, cap. 13.

²⁰⁷ D’Angelo, Giornale ined., n. 501.

⁴⁰¹ D’Angelo, Giornale ined., pp. 172-74, 179. Oh perchè questa piazzata? C’è un certo dietroscena, che vuol esser messo in luce.

¹⁹² D’Angelo, Giornale ined., p. 462. Proprio è il caso di esclamare: Da carceriere a carcerato!

Sullo spirare del secolo, l’a. 1798, una cassa di libri giunti da Venezia con carte giacobinesche, dopo maturo esame del P. Sterzinger incontravano la solita sorte³²⁷; ed il 6 aprile 1799, una scena di codesto genere assumeva tutta la pompa del soppresso S. Uffizio. C’era presente P. D’Angelo, il quale, tornando a casa, prendeva quest’appunto: «Si son portati molti libri venuti di fuori Regno, e per ordine del Governo, impediti ad entrare in dogana, son portati alla Piazza Vigliena, ed ivi si son dati alla fiamme a suon di tromba del boia; dopo di che il sac. Arcieri (prete rimasto proverbiale) fece in quel luogo un sermone in cui dimostrò la vanit

⁴⁶² D’Angelo, Giornale ined., p. 105. Prima ancora, Brydone aveva fornito curiose particolarit

Dalle prime angosce di un colloquio, da que’ naturali ritegni del pudore che è l’ultimo ad abbandonare la donna, la sciolse un nembo di baci, o più veramente un bacio solo, ma lungo, errabondo, che volea dirle: perdonate a me, perdonate a voi stessa. L’adorazione vince la vergogna della caduta. La donna non è più angelo; ma che importa, se, in cambio d’angelo, è dea?