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Appresso, giá vicino alla sua morte, compuose uno libretto in prosa latina, il quale egli intitolò De vulgari eloquentia, dove intendea di dare dottrina, a chi imprendere la volesse, del dire in rima; e comeché per lo detto libretto apparisca lui avere in animo di dovere in ciò comporre quattro libri, o che piú non ne facesse dalla morte soprapreso, o che perduti sieno gli altri, piú non appariscono che due solamente.

Lasciamo coteste sazievoli e vulgari compilazioni monumenti di colpa, di piaggeria, di astio, e di paura a bandire un diritto appo il quale conquiste, trattati, prescrizioni, e tutto, viene meno; il diritto del popolo, che vivendo ara, difende, e ricupera la terra ove è nato, e morendo cresce con le sue ossa la terra dove giace sepolto. Lasciamole, dico, e condiderate sola la parte compilata dal deputato Castagnola copiosa di fatti quanto sobria di parole, e vedrete quale l'opera nefaria di Roma, e quale scellerata miscela per lei si faccia di religione, e di omicidii; mirabile a dirsi! Un Romano di Gioia, il quale per errore di mente si d

Si baciarono! A piè del patibolo, o dopo la estrema unzione, anche una santa può soffrire essere baciata dall'uomo che di lei s'innamorò. Non si registra fra le colpe in cielo il penultimo bacio di amore, purchè l'ultimo sia quello della morte. Anche Michelangiolo baciò Vittoria Colonna mentr'ella spirava. Questi affetti non possono comprendersi dai vulgari, bensì da menti use a disvelarsi nel raggio della divinit

Dante nel suo libro «De vulgari eloquentia» chiama il dialetto romano il più brutto dei dialetti d'Italia.

Appresso, giá vicino alla sua morte, compose un libretto in prosa latina, il quale egli intitolò De vulgari eloquentia; e comeché per lo detto libretto apparisca lui avere in animo di distinguerlo e terminarlo in quattro libri, o che piú non ne facesse dalla morte soprappreso, o che perduti sien gli altri, piú non appariscon che i due primi.

Scrittori gravissimi meditando intorno alle cause per le quali la dottrina di Lutero attecchita in Germania non provò in Italia affermano, che in Italia pigliò indole piuttosto letteraria, che teologica; e dicono altresì, che i nostri filosofi invece di riformare la religione saltarono su ad abbattere Dio addirittura; certo lo studio dei classici così greci come latini educò, più che non bisognava, i savi del tempo al dubbio beffardo; e non contrasto la negazione di Dio essere antica dottrina in Italia; per non rammentarne altri da Guido Cavalcanti fino al Pomponazzo ne occorre continua la traccia; ma la sentenza degli scrittori alemanni troverai non vera solo che tu pensi ai tanti confessori della dottrina luterana surti in Italia tutta, a Siena come a Ferrara, a Lucca come a Firenze, a Napoli, e altrove, fra gli uomini solo bensì tra le donne, e non mica vulgari, o ignoranti, ma all'opposto preclare per ingegno, e di alto legnaggio. A suo luogo accennerò della causa, onde la riforma venne meno in Italia; intanto se ciò fosse bene o male, io non saprei; dacchè la riforma ti paia cosa finchè combatte, ed abbatte: adesso cattolicismo, e riforma mi fanno sembianza di gladiatori spiranti per le mutue ferite; chi lamenta la unit

In Luca Wadding, Ann. Minorum, tom. III, p. 340, §. 13. Dante Alighieri, De Vulgari Eloquio, lib. 1, cap. 12. Nic. Speciale, lib. 1, cap. 3. Bart. de Neocastro, cap. 13. Nic. Speciale, lib. 1, cap. 3. Nic. Speciale, lib. 1, cap. 2 e 4. Epistola de' Siciliani a papa Martino, nell'Anonymi Chr. sic., cap. 40, l. c. Bart. de Neocastro, cap. 13. Docum.