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Quell'incontro aveva dato un'acuzie di spasimo al suo sonnolento dolore. Così era, per lui, sempre, lo spettacolo dell'amore altrui, da che ella lo aveva lasciato, per sempre. Tutta la sua vita, dopo l'abbandono, dopo il periodo violento del furore e della ribellione, non era che un voler addormentare la sua segreta tortura. Vincerla non poteva, questa tortura, e nessuna persona, nessuna cosa lo avrebbe potuto: egli non poteva che toglierle l'asprezza, cullandola, tenendola chiusa in , preziosamente chiusa, e carezzandola, e dandole il beveraggio che fa sonnecchiare, che fa dormire, ma che non può togliere il senso e il sentimento. Colui che ha un dolore fisico, intollerabile, finisce per ricorrere alla morfina: egli sa bene che la morfina non è la morte del dolore: egli sa bene che il dolore rimane, quietato, ma esistente, ma vivo, ma pronto a trafiggere: pure, la morfina è il sonno molle dove la potenza del male si attutisce. Paolo sentiva, in fondo al suo spirito, dormire questo spasimo, e, gi

Ah vilegridò l'altro sciogliendosi da chi lo tratteneva e correndo addosso al conte. Uscirono dalla porta del corridoio. Il combattimento fu così furioso, che nessuno ardì avvicinarsi. Montoni, d'altra parte, giurava di trafiggere il primo che si fosse frapposto. La gelosia e la vendetta aumentavano la rabbia e l'acciecamento di Morano. Montoni, più padrone di stesso, ed abilissimo, ebbe il vantaggio, e ferì l'avversario; ma questi parendo insensibile al dolore e alla perdita del sangue, seguitò a battersi, e piagò Montoni leggermente nel braccio, ma nell'istesso momento toccò una larga ferita, e cadde in braccio a Cesario. Montoni, appoggiandogli la spada al petto, voleva obbligarlo a chieder la vita. Morano potè appena replicare con un gesto ed una parola negativa, e svenne. L'altro stava per trafiggerlo, ma Cavignì gli trattenne il braccio: cedette però con molta difficolt

Mi fu letto l'atto di accusa, nel quale mi si imputava di aver voluto sovvertire gli ordinamenti dello Stato con una interpretazione falsa e speciosa delle leggi che lo governavano: di aver fatto atto di disprezzo verso le usanze del paese usanze che avevano forza di legge rifiutandomi a trafiggere il mio naso greco con quell'ornamento grazioso di balena: di aver poste in grave pericolo la quiete e la sicurezza della nazione, costringendola, in seguito alla mia decadenza dal potere, a riadottare la forma primitiva di governo, il regime repubblicano, o ad eleggersi un re nazionale.

Dagli sguardi, che il principe fissava in lei, era facile comprendere che quella fanciulla era tutto per lui... Se donna Rosalia lo avesse veduto in quell'istante, non avrebbe più conservato la menoma lusinga! Si sarebbe sentita trafiggere il cuore da una mortale ferita.

Edith che, volendo, lo avrebbe potuto, aveva preferito trafiggere quella passione nascente con la forcellina che le fermava anti-esteticamente sul capo la comica pettinatura della Germania del Nord.

Per le cui maliziose rabbie figurativamente in trafiggere i sopradetti falsatori di cose si pongono, a dimostrare che per loro immaginato indizio nel luogo del collo, cioè nell'appetito, l'operazioni sien sospinte. Alla miseria del maestro Adamo; Io ebbi vivo assai di quel ch'io volli, Ed ora lasso un gocciol d'acqua bramo

Il papato è spento; Roma e l'Italia non perdoneranno mai al papa l'avere, come nel medio evo, invocato le bajonette straniere a trafiggere petti italiani. Voi cominciate, signori, a intendere queste cose in oggi. Il vostro gabinetto cela segreti di sconforto, d'illusioni sfumate, di politica oscillante fra Parigi e Gaeta, che un prossimo avvenire riveler

Il giovane, come se non avesse dapprima compreso, o avesse voluto dubitare d'aver compreso male, ora guardava il suo interrogatore con occhio spaurito, e da tutto il suo atteggiamento, dalle labbra dischiuse, dal breve e precipitato respiro, dal trepido gesto col quale sollevava il braccio ed appressava la mano al petto, pareva che si fosse sentito improvvisamente trafiggere da una punta acutissima.

Di trafiggere il tenore Saria comodo il momento.... La mia rabbia, il mio furore In vederlo io freno a stento.... Ma sa ben lo scellerato Che in un pezzo concertato Se anche il fulmine cadesse Un tenor morir non può.

Da secoli, coltivando la loro generazione come quella di perfetti assassini, questi animali furono educati ad odiare il proprio simile, anzi a volerlo spegnere; il loro corpo non conta, il proprio dolore non c’è: nel becco robusto, nel sottile sprone d’acciaio, è tutta l’anima sanguinaria di questi animali da combattimento. Son nati per immergersi nel rantolo d’un’altra vita; ciò che amano è trafiggere: