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La raggiunsi, l'abbracciai, e ridemmo insieme di gran cuore. Ma il ghiaccio era rotto; ci avevamo detto in viso il pensiero nostro: non eravamo perfetti! Per quanti sforzi facesse, Nina non riusciva a correggersi; solo quando aveva peccato, pigliava una certa aria tra il dolente e lo scherzoso che la faceva più bella.

Buon viaggio e buon divertimento, signori, dissi nel passar dinanzi alle due tortorelle. La signora arrossì, ma lo sposo fe' un oh lungo un miglio e s'alzò tanto rapidamente che i nostri visi si toccarono. Tant'è, disse, e mi baciò. Ero stupito. Non mi conosce? io lei l'ho sentito alla voce... Aminta. Oh Aminta! È questa la mia sposa. Ho visto dissi. E ridemmo tutti e tre.....

Così, o Veneziani, noi cantammo, danzammo e ridemmo davanti all'agonia dell'isola di File, che morì come un sorcio decrepito dietro la diga d'Assuan, immensa trappola dalle botole elettriche, nella quale il genio futurista dell'Inghilterra imprigiona le fuggenti acque sacre del Nilo!

La più bella mattinata che passai a Londra fu l'ultima, chiusa dalla più cara colezione cosmopolita che abbia fatta finora. Ero salito sulla torre di Wren, quella torre famosa che ricorda un incendio di quattrocentosessanta strade e quattordici mila case; dalla cima della quale si abbraccia con un colpo d'occhio il grande movimento del ponte di Londra e di tutte le strade che vi fan capo sulla sinistra del Tamigi. Trovai lassù cinque giovanotti simpatici, che chiacchieravano allegramente, strapazzando la lingua francese (uno eccettuato) con una disinvoltura da garzoni di barbiere; attaccai discorso; e dopo qualche parola, seppi con mio grande piacere che uno era di Colonia, uno di Manchester, uno di Harlem, uno di Guadalajara e il quinto di Lione; così che, me compreso, il gruppo rappresentava sei stati: Germania, Inghilterra, Francia, Italia, Spagna ed Olanda, tre popoli latini e tre popoli nordici, quattro monarchie sane e due repubbliche malate. Ridemmo del curioso incontro, poichè il tedesco e l'olandese eran capitati l

Eugenio che finalmente respirava, ricevette con compunzione le due benedizioni, storpiò un'altra volta il confiteor, e se ne uscì col suo tesoro nel pugno, più ricco di Creso e di Nababbo. Egli ci raccontò quest'avventura scherzando, e noi stessi ne ridemmo di cuore; anche ora pensandoci io ne sorrido.

«Ah! tu almeno t'arresti quando chiamo, E fai silenzio a queste mie parole. Odon le piante. Mentre leggevamo Nel tuo pensier che ignora ciò che vuole E che per false strade si disperde, Ridemmo, chè sei cieco innanzi al sole. Bello risplende delle frondi il verde Sull'azzurro del cielo, e altero è il fiore, E in vani sogni il tuo pensier si perde,