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Ah , scusate, dovevo dire briccone; ma ormai l'abuso del vocabolo è tale che può reputarsi un sinonimo dell'altro. Ricordate, Violetta, che ho promesso di mostrarvi chi sia il Garasso....

Bravo Michele! Questo si chiama ragionare. Io bevo alla vostra salute. Ed io alla vostra. Datemi da bere. Non so, ma a parlare di quel marrano, mi si rimescola il sangue, e mi s'inaridisce la gola. Segno che si ha da bere! disse con aria grave il Garasso. E poi, come l'è andata?

Chi sa che diamine vada mulinando nel suo cervello, questo medico del malanno? Basta; vengan danari; al resto pensi chi vuole, io no, certo. Che brava gente, quella famiglia Garasso! La moglie, con l'aiuto delle carte, diceva la buona ventura e faceva la spia nelle case. Il marito, pel vizio delle carte, vendeva i segreti degli amici.

Bravo! alla salute degli amici! ripetè Michele, e tracannò tutto d'un fiato. Mio caro Michele! Come sono contento di vedervi e di passare un'oretta con voi! Ed io? che vi pare? rispose Michele. Mi sembrava mille anni, sebbene ci siamo veduti stamane. Oh, così di passata! si affrettò a dire il Garasso. Ma che negozio era il vostro, da non lasciarvi venire a berne un bicchierino?

Bravo, così appunto volevo dir io. Ed ecco perchè ho pensato a voi. Il mio amico Garasso, ho detto tra me, è uomo a cui non fa nulla un dugento lire di più o di meno, e poichè conosce il signor Lorenzo, e sa che questi non istarebbe molto a restituirgliele, potr

Io invece so tali cose del Garasso, che egli viene da me come la biscia all'incanto, e mi spiffera tutto, parendogli grazia che io voglia star zitto sui fatti suoi. Ma io non sapevo nulla di ciò; provò a dire il Collini, mortificato. Voi, padre mio, la sapete più lunga....

Uno dei due era il nostro bravo Michele; l'altro, indovinate mo'! era il Garasso, il marito della signora Momina, dottoressa in cartomanzia, vestito con quella attillatura popolesca che arieggia il vestire della gente signorile, senza farsi lecito il cappello a staio, il soprabito di taglio più lungo, i panni di colore più fosco.

Il furfante è in gattabuia, e se non me lo schiaffano in galera, certo me lo spediscono, franco di porto, a rifare un po' meglio i suoi studi ad Oneglia. Parlate del Garasso? chiese Lorenzo. Di lui per l'appunto. Lo cercavo da un pezzo, per cavarmi una certa voglia dalle dita; ma , piglialo! Il mio uomo doveva fiutarmi da lontano.

Ah, non lo sapete? ripigliò il Giuliani. Allora ve lo dirò io. Il Garasso.... è il Bello. Ne so come prima; disse la Violetta, stringendosi nelle spalle. Cioè a dire moltissimo; soggiunse il Giuliani. Questo Garasso, detto il Bello, è il personaggio misterioso, il notturno amante, che furtivo ascende....

Garasso! esclamò l'altro. Ed io che vi ho aspettato finora sotto i portici del Teatro! Per andare dal Ceretti a far l'ambasciata del padre Bonaventura, il Bello aveva scelto appunto quell'ora ch'egli aveva stabilita pel suo ritrovo con Michele, sotto i portici del Teatro. Egli era sicuro per tal modo che Michele non lo avrebbe incontrato.