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«Il Natale del 96 dissipò ogni malinteso. I capi si rappattumarono, e i siciliani e i napoletani si abbracciarono per organizzare il fuori! fuori! So che c'è qui anche il Frezza, l'assassino di Raffaele Sonzogno, il direttore della Capitale di Roma. C'era. È partito, qualche giorno prima del vostro arrivo, per il bagno, credo, di Civitavecchia. Che tipo era? Un tipo ignorante.

«Prima di arrivare a Pesaro, ove dovevamo fare tappa, perchè viaggiavamo tutti per «corrispondenza», il Frezza mi si era palesato per un individuo d'animo piuttosto mite. Le dirò un fatto il quale prova che è in lui un fondaccio morale. Dall'altra parte della sua cella era una ragazza condannata per i tumulti nei dintorni di Bologna. Io non potevo vederla. Era ciarliera e un po' licenziosa. Diceva parole poco convenienti alla et

Durante il viaggio non fece che parlare. Quanto più si andava innanzi, tanto più mi diventava interessante. Non credi ch'egli abbia voluto personeggiare il Frezza? Perchè avevo sentito dire o letto in qualche giornale che era morto. Può darsi anche questo, ma non credo.

Dopo vennero quasi tutti traslocati in case di pena, ove la reclusione si svolge in tutto il rigore. Il risultato è chiaro: il fuori! fuori! fa delle vittime e lascia gli altri in una condizione peggiore di prima. In galera non si protesta: si muore. L'influenza dei sanguinarii. Il Frezza e i «mozzi» nostri amici.

Vicino alla mia cella era un certo Frezza, del quale non avevo mai sentito il nome nome che ignorerei forse ancora, s'egli non mi si fosse rivelato per l'uccisore del povero Sonzogno. Quantunque separato, sentivo un bisogno prepotente di scappare lontano da questo ributtante assassino. Ma ero legato come un salame e nessuno dei carabinieri mi avrebbe cambiato cella.

Piantato dunque in terra un paradiso da l'angiol fu di Dio detto «Fortezza»; luoco non privo mai d'onesto riso, de sòni, canti, giochi a gran dolcezza. Quivi trovai pur anco l'aureo viso di quel Iesú che l'amorosa frezza nel cor m'immerse prima, e seco poscia portollo, me lasciando in dolce angoscia.

Callegari Sante. Il Callegari Sante, uno studente di scultura, di diciassette anni, che fece parte del cosidetto «processo dei giornalisti», si è trovato nel vagone cellulare che lo conduceva a scontare i suoi diciotto mesi di casa di correzione, con il Frezza. «La nostra prima tappa, mi disse questo minorenne, doveva essere Bologna.