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El vestimento suo, che questa nutrice le , è l'avilire se medesimo, vestirsi d'obrobri, dispiacere a e piacere a me. In cui el truovi? In Cristo, dolce Iesú, unigenito mio Figliuolo. E chi s'avilí piú di lui? Egli si satollò d'obrobri, di scherni e di villanie; dispiacque a , cioè la vita sua corporale, per piacere a me.

Tratto son oggi mai di quell'inferno ove chi faccia ben non vi è sol uno. Per te, Iesú, per te vedo e discerno esser del cibo tuo sempre degiuno; ed «ingannato al fine si ritrova chi lascia la via vecchia per la nova». «Non est qui faciat bonum, non est usque ad unum». DAVID. Urnula, quam gemmis auroque nitere videmus, quaeritur angusto quid ferat illa sinu.

Guarda che tu non esca mai della cella del cognoscimento di te; ma in questa cella conserva e spende il tesoro che Io t'ho dato. Il quale è una doctrina di veritá, fondata in su la viva pietra, Cristo dolce Iesú, vestita di luce che discerne la tenebre. Di questa ti veste, dilectissima e dolcissima figliuola, in veritá.

O angelo terrestre! beato te che non se' stato ingrato de' benefizi ricevuti da me e non hai conmessa negligenzia ignoranzia; ma sollicito, con vero lume, tenesti l'occhio tuo aperto sopra e' subditi tuoi, e come fedele e virile pastore hai seguitata la doctrina del vero e buono Pastore Cristo, dolce Iesú, unigenito mio Figliuolo.

Ma poi che ’l gratular si fu assolto, tacito coram me ciascun s’affisse, ignito che vincëa ’l mio volto. Ridendo allora Bëatrice disse: «Inclita vita per cui la larghezza de la nostra basilica si scrisse, fa risonar la spene in questa altezza: tu sai, che tante fiate la figuri, quante Iesù ai tre più carezza».

lingua voci 'ntelletto sensi muova giammai senza 'l tuo nome sacro, nome, che sempre, o canti o scriva e pensi, spero pietoso e temo giusto ed acro, Iesú, te dunque invoco per l'immensi chiodi amorosi, ch'alto simulacro t'han fatto in terra al popolo cristiano! Or mentr'io scrivo scorgimi la mano;

Poscia mi volsi a la man dritta, come sopra mi disse quel dal dolce nome. «Nomen Iesu lucet praedicatum, pascit re cogitatum, lenit invocatum, roborat virtutes, vegetat bonos mores, castas fovet affectiones». BERN.

Ora Io, Padre etterno, somma ed etterna veritá, ti conchiudo che ne l'obbedienzia del Verbo, unigenito mio Figliuolo, avete la vita. E come tucti dal primo uomo vecchio contraeste la morte, cosí tucti, chi vuole portare la chiave de l'obbedienzia, avete contracta la vita da l'uomo nuovo, Cristo dolce Iesú, di cui Io v'ho fatto ponte, perché era rocta la strada del cielo.

Or ne la terza «selva», commosso Iesú Cristo da dolce pietade verso quella anima invischiata ed allacciata in quei tanti «utrum, probo, nego, arguo, pro, contra», ecc., tiralo al mero e puro latte del santissimo Vangelo ed al fidel e tutissimo porto di san Paolo, con tutto il resto de' libri del Testamento novo e vecchio, nel qual egli studiosamente ruminando a Dio fa un dono del suo core.

Ché per divina inspirazione conoscendosi egli perder il tempo supersticiosamente in quella seconda «selva», ritornasi a la sincera vita da l'evangelio primamente a lui demonstrata; e fatto del suo core un dono a Cristo Iesú, da lui ne riceve tutto 'l mondo in ricompenso e guiderdone di esso; e giunto nel paradiso terrestre, gli vien ivi comandato che non mangi de l'arbore de la scienza del bene e male, ma solamente si pasca e nudrisca del legno vitale, per darci sopra ciò un bell'avviso: che, quantunque ogni constituzione o sia tradizione de alcun santo padre bona e fundata su l'evangelio sia, nulla di manco assai piú secura e utile cosa è non partirsi dal mero evangelio; perché, come ogni norma e regula de santi ha in figura de l'arbore del saper il bene e il male, cosí de l'arbore di vita contiene in lo leggier peso del Servatore nostro.