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Tu bevi i venti del largo, in quell’incerta mattinale ora, che, ancor fasciata d’ombra, sale, carico il grembo di promesse ardenti. Non vedi ch’io mi fo sempre più smorta fra il sitibondo aulir di passïone delle mie rose; e ch’io ne fo corone per appenderle in voto alla tua porta. Tu canti sempre. Canti come ridi, come parli. Hai nel canto una ragione di vita.

L’anima d’un ignoto Presso la mia respira: Aleggiare la sento Come un bacio nel vuoto, Mister di luce e d’ombra Che tutta a m’attira. Ed un desìo mi nasce: Essere morsa al cuore, Esser baciata in bocca, Provar gioie ed ambasce, La follìa del trionfo, La follìa del dolore.

Antico tempio maestoso e nero Ov’io, pensosa adolescente, orai, Te grave d’anni e d’ombra e di mistero Antico tempio, io non iscordo mai. Sorridean le Madonne del trecento Miti ed ingenue, sui giallastri muri. Qualche prete sbucava a passo lento Come una larva, dagli sfondi oscuri.

Mangia la rossa carne del tuo sogno, bevi del tuo pensiero il vin di fuoco. Se turbi a volte oscura disianza d’amor le vene all’aspra giovinezza che non è morta, in taciturna ebbrezza bacia ed abbraccia in te la tua sostanza. Ella, ella sola t’è fedele: abissi d’ombra, immense voragini di luce ti scopre: a regni d’èstasi t’adduce per mano, e, s’ella vuole, il sol tu fissi.

Ad essi non lasciavi, o dolce madre, che un giaciglio di strame e una capanna. Nulla sapevan, fuor che verdi boschi percorsi a gara, e fiumi vinti a nuoto, e sogni d’astri su nel cielo ignoto, e rosse nubi di tramonti foschi: egli biondo, ella bruna: egli con tersi occhi d’acciajo, ella con lunghi cigli d’ombra: e nessuno li potea dir figli d’istessa madre

I nostri... Ti rammenti di quell’imagine di Gesù che aveva la povera Miss Turner, con quegli occhi che da prima parevano chiusi, pieni d’ombra, e poi a poco a poco

Per quali impure vie, da che remoti sentieri d’ombra al lastrico sonoro giunse, ove sete di potenza e d’oro scaglia le sue pugnaci orde d’ignoti?... Un carro può sventrarla, un fiotto umano travolgerla.

E mi guardava, fisso. Era il mio volto, sôrto da un abisso d’ombra, e riflesso in torba acqua verdastra: nuovo a me, dal grande arco delle ciglia al labbro acceso: cerchio inebriante d’enigmi, ove affondavo il cuor tremante: ed ora è tuo perchè il trasmetta, o figlia.

Rannìcchiati in disparte, ingoia il pianto, avvilùppati d’ombra. È tardi adesso per la tua verit