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Giacomo, immobile, diritto dinanzi al fuoco, appoggiato con un gomito al piano del caminetto, fissava Lalla senza parlare. La duchessina, così illuminata dal chiaror della vampa, aveva nell'insieme alcunchè di fantastico e di bizzarro.

Si sa bene, se alle volte doveva pur sottomettersi e doveva cedere, concedendo qualche piccolo premio a quel peccatore così difficile da convertire, anche Domeneddio avrebbe dovuto chiudere un occhio e forse tutt'e due... per il trionfo della fede. Il fine giustifica i mezzi; tuttavia la duchessina non avrebbe sempre potuto cantar vittoria se anche la Provvidenza non l'avesse aiutata.

Ma perciò non bisogna credere che il Vharè dovesse il buon successo soltanto alle memorie infantili della piccola duchessina; vi concorse anche un'altra circostanza, molto singolare e molto efficace.

La duchessina si sentiva contenta; le bastava di aver domato il suo Mefistofele. Più forte e più abile delle altre donne che col Vharè avevano tutto perduto, anche l'onore, per vederlo poi, stanco e disonorato, Lalla, con una sola parola, con una lusinga vaga, indeterminata, lontanissima, riusciva, conservando il proprio equilibrio, a tenerlo legato dietro al carro del suo trionfo.

E così... che cosa volete?... disse la duchessina ad Alessandro, appena entrata in camera, aprendo lei il foco, subito, con alterezza stizzosa. Che cosa voglio? esclamò l'altro: e vedendola così fresca e piacente nel vestitino succinto di mussolina bianca, sentì una scossa, come un fiotto di sangue caldo al cervello. Che cosa voglio? Te, voglio, che lo hai giurato, che sei mia!

Oh, il Vharè si sarebbe guardato bene, per esempio, dal confidarle che gli era minacciato un protesto e che pranzava a credito. Dinanzi all'usciere e all'appetito, i debiti, anche per una duchessina sentimentale, diventano borghesi e non hanno più nessuna attrattiva.

Chi mai aveva inventata quella sciocchezza?... E così, in cuor suo, la duchessina sperava sempre che il bel marchese non l'avesse dimenticata interamente; sperava sempre di vederlo tornare da un momento all'altro; ma ben presto dovette perdere anche la speranza.

Colle ginocchia, con mezza la persona, la duchessina toccava adesso il petto di Giacomo; ma non si ritrasse, non si mosse nemmeno; continuava a guardarlo, sorridendogli con passione infinita, e lui, inginocchiato fra le sue vesti, le raccontava con infinita passione, tutte le pene, le angoscie, lo strazio patito!

Non può mandare un sacchetto di ducati alle persone, che raccolgono la creatura.... Indovinai subito di che si trattava.... La duchessina.... E, in quei giorni, era accasciata, malatissima; si alzò soltanto per poche ore, il giorno in cui tornò suo padre; poi si richiudeva nelle sue stanze! Di tratto in tratto, un ruggito uscia dal petto di Roberto.

Si alzarono, cominciarono i saluti, il Vharè era per spuntarla, quando, chi è? chi non è? si affaccia sull'uscio Pier Luigi da Castiglione, che arrivava in quel punto da Viareggio, senza avere scritto prima, perchè voleva fare un'improvvisata. L'arrivo di Pier Luigi non fu molto gradito alla duchessina: essa ebbe il presentimento che quell'uomo capitava apposta per farle del male.