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Sulla soglia della villa, gli strinsi la mano freddamente, angustiato da quel dilemma fra l'amico e l'ipocrita che mi ripromettevo di snodare al più presto. Si pranzava in giardino, plebeamente, sotto un chiosco di verzura più inestetico di quanti avevo visti nelle osterie del sobborgo. Attorno alla tavola, scintillante d'argenteria e di stoviglie, eran gi

Ascoltava per le vie fracassose il trotto pesante e corto dei cavalli che battevano il terreno; pareva che un reggimento di grossa cavalleria passasse di continuo sul duro selciato lubrico, sul fango nero. Pranzava di frequente col padre in un caffè di grido.

Per di più, pranzava di solito alla Fenice, dove c'era un vinetto di Gussago limpido come un rubino, che si faceva bere anche quando la sete era finita da un pezzo. Si capisce dunque come Ghegola, tutt'altro che resistente alle seduzioni, fosse il dopo pranzo alticcio anzi che no, e ci vedesse di sera ancor più rosso che alla mattina.

Pranzava nella sua stanza, sola; leggicchiava storie d'amore che non la riguardavano e versi che nessuno mai le avrebbe mormorati; canticchiava ritornelli amorosi; dipingeva all'acquerello qualche veduta di Sorrento; sempre sola. Non scriveva mai, perchè non doveva scrivere a nessuno e perchè scrivere le faceva venire l'affanno. Non cuciva ricamava perchè era inutile.

Difatti non vuolsi dimenticare che la Corte, secondo l’uso d’allora, pranzava poco dopo mezzogiorno. Ecco dunque una cena regale con pietanze in caldo e in freddo degne della figlia di Maria Teresa e della moglie di Ferdinando III.

Il Salapolli passava gran parte della giornata in biblioteca e solo, perchè al secondo piano c'era un pandemonio, un disordine, un viavai di visite, che gli rammentavano i peggiori tempi di Vienna e di Berlino. Come allora, la contessa non si stancava mai di ricevere; come allora, faceva attaccare i cavalli da un istante all'altro, e usciva. Si faceva colazione e si pranzava quando si poteva; e sempre c'erano invitati. Il cuoco, il cocchiere, la cameriera, il portiere, tutti si lagnavano. L'instabilit

Solo le spiaceva di non poter godere della sua compagnia; doveva uscire subito subito. La zia volle porre un ostacolo a quell'uscita che contrariava i suoi disegni e disse che Adele non avrebbe potuto accompagnarla. «Esco con Wise! rispose la fanciulla, salutando con garbo che tradiva una certa impazienza. Il giorno era agli ultimi bagliori; ma in casa non si pranzava mai prima delle venti.

Il barone di Sanza occupava un elegante piccolo appartamento nella salita Santo Spirito. Un vecchio cameriere piemontese, per nome Carlo, lo serviva da parecchi anni. Tiberio pranzava al caffè. Carlo conosceva Bambina, avendo accompagnato il suo padrone a Lauria, ed era lui che aveva scoperto il famoso appartamento cui Don Diego occupava in questo momento. Egli annunziò Bambina al suo padrone, che faceva colazione, con un certo mistero e non senza stupore. Tiberio fece entrare Bambina nel salone e corse a lei, dubitandosi che una disgrazia, una grandissima disgrazia, fosse gi

Era una bella giornata del giugno 1858, ed io pranzava all'albergo della Gran Bretagna in compagnia di un Inglese che un anno prima avevo conosciuto a Parigi. Questo Inglese apparteneva alla classe aristocratica, e si vantava grande dilettante di musica e adoratore fanatico dell'opera italiana.

Passando davanti all'Hôtel de Paris vide la gente che pranzava ai tavolini illuminati da lampadette rosse. Sulla piazza, sulle panche in giro alla grande aiuola di fiori, della gente sedeva in crocchi; e dirimpetto, nel Café de Paris, gli tzigani in giubba rossa suonavano «Sous la feuillée». D'un tratto Nancy si sentì smarrita e spaventata. Perchè era qui?