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Ma dov’era stato per sei anni, e che cosa avea fatto il conte redivivo? Questa era la dimanda che tutti facevano. Fu allora che Enrico Corradengo venne fuori con una storia che mai fino a quel giorno aveva ardito narrare. Ansaldo di Leuca era vissuto pochi istanti ancora, dopo la partenza dei due vincitori dalla quercia di Marenda, ed egli aveva raccolto le sue ultime parole, nelle quali il nome di Morello era alternato col nome di Ugo di Roccam

Tardo delle membra com’era, e per giunta stordito dal colpo, il Corradengo era rovinato a terra, e, non potendo rimettersi sulle gambe, stringeva per moto istintivo le redini del cavallo, in quella medesima guisa che l’affogato s’aggrappa ad ogni cosa che gli venga tra mani.

Intesero tutti la scusa, e Ansaldo di Leuca ed Enrico Corradengo furono i primi ad uscire dalla sala, togliendo anzi commiato da Torrespina pel giorno vegnente. Strana condizione di quattro cavalieri, i quali avevano stanza nel medesimo castello, ospiti di un medesimo signore, e che dovevano la mattina appresso uscire dalla medesima porta per combattere ad oltranza gli uni cogli altri!

Il Corradengo, che gi

La lancia del Corradengo era passata tra i due corni dell’elmetto di Rambaldo, che per cansare il colpo s’era prontamente curvato fin sul collo del suo destriero, intanto che la sua lancia, più fortunata, coglieva l’avversario sotto la gorgiera, e lo balzava a dirittura di sella.

Il Corradengo, che mal poteva schermire di lingua col trovatore di Monferrato, non rispose; ma al piglio con cui si fece a cavare la sua pesante spada dal fodero, era agevole argomentare che la rabbia tendesse i nervi del gigante.

Ma Rambaldo non s’era tolto nemmeno il fastidio di parare il colpo. Agile e pronto come una lucertola, egli era guizzato da un fianco, e il Corradengo, non avendo altro a tagliare che l’aria, era andato bocconi sul terreno a contare la sua seconda caduta.

Furibondo, il Corradengo fe’ per alzarsi, ma la spada di Rambaldo fu più pronta di lui e gli piovve addosso una tempesta di colpi. Il povero gigante ricadde, sotto quella rovina, per non sollevarsi più, e per la rotta gorgiera, per le spezzate piastre che custodivano l’omero, spicciarono rivi di sangue.

Pigliatasi quella satolla, Rambaldo si fermò, e al cenno ch’ei fece di averne abbastanza, accorsero i donzelli del Corradengo, per trarre il loro semivivo padrone fuori del campo.

Egli era, siccome ho detto, di membra poderose, e la mezzana statura di Rambaldo, messa a raffronto con la sua, non avrebbe certamente tenuto in sospeso il giudizio di uno spettatore. Al Corradengo parve allora di potersi rifare in un tratto del suo primo svantaggio e di tutti i sarcasmi del suo avversario.