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Castelfranco non si piglia in un giorno. Lo capisco ancor io; rispose il Picchiasodo; ma questa è una ragione di più per capitarci in tempo colle bombarde. In questi ragionari, oltrepassato il Borgo, s'erano avviati sulla strada della Marina, dove aveva a trattenerli il tristo caso che abbiamo narrato nel capitolo antecedente.

Il certo si è che i finarini perdettero la pazienza, e mentre Genova ne pigliava ansa a tornare su Castelfranco, i maltrattati e disputati sudditi si richiamavano contro il loro marchese e contro il doge di Genova, al tribunale del sacro Romano Impero; che, imitando il giudice famoso della favola esopiana, volle per il feudo aleramico e vi mandò commissarii a governarlo in suo nome.

E lungo; e ho avuto appena il tempo di far la mia relazione al Marchese, ch'egli mi ha mandato fino a Pia per vedere la nuova compagnia di balestrieri che ha presa in condotta testè. Ero salito a Calvisio per dare un'occhiata alla guardia; torno al passo della fiumana e mi dicono che due cavalieri sono discesi verso Castelfranco, avviati pel Borgo.

Il Fregoso poteva non aver altro in mente che di espugnare Castelfranco, chiave del marchesato dalla parte del mare, e forse traccheggiava, vuoi per compiere le sue opere di difesa, vuoi per aspettar gente, o artiglierie che gli mancassero ancora. In questo caso, un assalto dei nemici doveva tornargli molesto; ragion questa per testarlo di colta.

Intanto che questo accadeva sotto Castelfranco, il Vecchia da Lodi, co' suoi cinquecento fanti e una ventina di cerbottane, portate dagli scoppiettieri in ispalla e munite d'un piede da porle in terra quando occorresse di trarre, s'inoltrò dalla Marina fino ai prati dell'Altino, che sono a mezza via tra il Borgo e la spiaggia del mare. I lettori hanno gi

Così pensando, sceglie cinquecento de' suoi più animosi e provati; li fa calare a tarda sera dal monte che corre alle spalle di Castelfranco e si rovescia con essi sullo steccato di Vigna Donna. Dalla marina altri ne escono in numero di forse trecento, e li comanda Barnaba Adorno, che non ha voluto abbandonare il suo ospite, poichè il giorno delle tristi prove è giunto ancora per lui.

E pronto si teneva altresì alla prova dell'armi. Il borgo era munito d'ogni maniera di difese; Castelfranco, scolta avanzata del Finaro, mentendo alle ragioni per cui era stato costrutto, si mostrava preparato a sostener l'urto de' suoi fondatori. Senonchè, i genovesi parevano piuttosto propensi a minacciare, che a muover guerra risoluta e gagliarda. L'ultima ambasceria, quella di messere Ambrogio Senarega, non avea l'aria di recare ai Del Carretto le ultime ragioni della Repubblica; epperò se ne aspettava un'altra, con grande molestia dei finarini, i quali vedevano le loro valide braccia rapite all'utile lavoro dei campi o delle officine, per aspettare un nemico che non veniva mai, e tutti li costringeva a quell'uggioso stato di aspettazione, che non è guerra, pace, e non d

Antonio, triste e raumiliato, quasi non ardiva alzar gli occhi a guardare il cugino; ma Galeotto gli andò incontro con piglio amorevole, lo abbracciò e di altro non ebbe cura che di confortarne lo spirito. Di che vi accorate, cugino, quando io trovo nella vostra difesa argomento a sperar bene del futuro? La resistenza di Castelfranco ci ha fatto guadagnare un mese di tempo.

Ma Castelfranco e i diritti di Genova sulla terza parte del Finaro, avevano cionondimeno a rimanere continuo argomento di litigio tra la Repubblica e i marchesi Del Carretto. La quistione sarebbe stata presto risolta colla peggio di questi, se le intestine discordie genovesi non avessero condotta la citt

I genovesi dovevano restituir Castelfranco e mandar libero senza riscatto il marchese Giovanni, cogli altri prigionieri fatti a Giustenice. Quanto al marchese Galeotto, egli non ci aveva a rimettere un bruscolo.