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E come potresti tu perderlo, se c'è tempo fino ai cinque del mese venturo? Siamo oggi ai ventisette di novembre, mi pare, ed io non leverò il campo dalla spiaggia di Vado che la mattina del due di dicembre. Tu dunque domani arrivi a Genova; consegni la lettera al Doge mio cugino; gli dai que' ragguagli di veduta che egli ti chieder

21 Quivi il caldo, la sete, e la fatica ch'era di gir per quella via arenosa, facean, lungo la spiaggia erma ed aprica, a Ruggier compagnia grave e noiosa. Ma perché non convien che sempre io dica, ch'io vi occupi sempre in una cosa, io lascerò Ruggiero in questo caldo, e girò in Scozia a ritrovar Rinaldo. 22 Era Rinaldo molto ben veduto dal re, da la figliuola e dal paese.

La vastissima acqua dava tante e tante crespature curve sorradenti, che si succedevano soavi e venivano a morire sulla spiaggia; sembravano ciglia e ciglia aperte alla prima luce da un dormente stanco d'amore. Le crespature morivano in un gorgoglio, e questo pareva lamentasse: Lasciatemi la pace della notte!

Questo castello, dalla mia finestra, mi è sempre davanti agli occhi e mi richiama al desiderio della patria lontana ed aumenta quella mestizia che è propria di tutta questa spiaggia. Non ho potuto aver pace sino a che non mi ci sono recato e non ho visitato le sue antiche mura; ora posso di nuovo guardarlo tranquillamente. Anche l

Mi è apparsa la bella figura di Manfredi, biondo, ricciuto, sui campi di Benevento, quale Dante lo vide, con una doppia ferita alla fronte ed al petto, mormorante mestamente: «I' son Manfredi, Nipote di Costanza imperatrice». Lasciai errare lo sguardo sul mare ricco di memorie e lo rivolsi laggiù dove giace la bella Sicilia, dove sorge, in mezzo a giardini sempre in fiore, sulla spiaggia più amena del mondo, quel castello di Palermo nel quale visse Federigo e da dove era partito per la Germania; pensai al duomo di quella stessa Palermo, a quell'oscura cappella, dove riposano, dentro ai loro sarcofaghi di porfido rosso, Enrico VI, Federigo e le due Costanze, rappresentati con la corona in testa e con la dalmatica di seta, il cui orlo è ornato da iscrizioni saracene.

La notte fu buia e tempestosa; soffiava il libeccio e il mare frangeva rumoroso alla spiaggia. Tuttavia, dall'alto dei bastioni si udiva un continuo rumore nel campo, un alternarsi di voci, un cozzar di ferri, un cigolar di ruote, ed anche un picchiar di martelli e di badili, che indicavano una strana assiduit

Percorrevano allora l'ultimo tratto di strada nelle vicinanze di Pieve; a destra, il muricciuolo di riparo era finito, e sul pendio scendente alla spiaggia, i pini marittimi svelti s'arrampicavano, chiudendo tra i naturali intercolunnii le trasparenti chiazze dell'acqua cerulea.

Il 28 giugno, il pittore ed io partimmo lungo questa spiaggia per recarci ad Astura, distante circa tre ore di cammino. Il mattino era di una limpidezza straordinaria, il mare tranquillissimo ed il capo Circeo, avvolto in una tinta rosea, davano al quadro un aspetto del tutto omerico. A Nettuno comprammo vino e pane e quindi proseguimmo la nostra strada.

Come Dio volle, noi giungemmo finalmente alla riva, ove mi soffermai un istante ad osservare gli apparecchi della mia incoronazione e i due eserciti schierati lungo la spiaggia. E qui non potrei dire l'impressione inattesa che provai alla vista del mio esercito.

Toccò la spiaggia, una nave francese raccolse lo sconosciuto e lo sbarcò a Londra. Quando il mondo seppe della sua traversata si alzò un urlo di ammirazione: l'indomani ne scoppiava un altro di dolore. Pellegrino Matteucci era morto delle febbri prese nel deserto.