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Lei.... Pietro Laner sdegnava di dare a Nora il titolo di duchessa e arrossiva di chiamarla come una volta lei gioca al biliardo con Sua Eccellenza e con monsignor Meneguzzi. Il Laner soffriva: Evelina se ne accorse, ma non se ne accorò.

La vita della campagna è sana; ma chi non ci ha niente da fare, Dio misericordioso!... Si cerca di essere in tre; quando in tre non si sente sollievo, bisogna trovar modo di essere in quattro. Maurizio andava dunque ogni giorno a fare il quarto a quei buoni vicini. Si giuocava molto a biliardo; si faceva anche un po' di scherma, e qualche volta si usciva a far quattro colpi di pistola.

Davvero?!... e pensare che me l'avevano dipinto come un omaccione cinque volte più grosso! Infatti, è appunto cinque volte più grosso; ma oggi quanti ne abbiamo del mese? Quindici. Ah, ecco, si spiega! Nei giorni dispari, invece, è così. Gigi Micocci. Si stava nel caffè principale d'Albano, giocando al biliardo e facendo dei colmi, tra tazze di birra e nugoli di mosche.

Egli intanto dichiarava che non voleva saperne a nessun patto di fare il «mercante», poi scappava, stava fuori la notte, giocava al biliardo, dava pizzicotti e abbracci alla serva, e non aveva nessuna paura di sua madre: fatto straordinario, questo, così straordinario che gli suscitava intorno un tacito senso di ammirazione e di simpatia.

Gl'italiani, non più di quattro o cinque, avevano, fra tanto grave silenzio di esotici, un'aria assai compunta, e mi guardavano con la evidente ingordigia di arruolarmi per le passeggiate, le chiacchiere e il biliardo. Soggiunse di chiamarsi il cavalier Tale; gli altri si chiamavano il conte Tale e il cavalier Tal altro; il quarto non aveva titoli, ma era tuttavia una persona molto civile.

Siamo nella sala del biliardo di Luigi XVI; ma non c'è più il biliardo su cui Luigi metteva la sua posta di cinque lire, rispondendo ad un certo duca che si meravigliava della parsimonia del re: Signor duca, scusatemi; voi giuocate il vostro denaro, io quello di tutti.

Felice il generale, che negli ozi del suo castello aveva da combattere solamente la noia. Ognuno, si sa, crede la propria malattia più grave di quella degli altri, ed egli sinceramente si esagerava i mali di una noia, in onta alla quale passavano i giorni abbastanza rapidi, tra partite a biliardo o a picchetto, accessi di malumore e grasse risate. La volgarit

E Giacomino, con signorile eleganza, appoggiandosi ad una stecca di biliardo, fece tutte le presentazioni speditamente e coi dovuti inchini, mentre il buon Daniele sorrideva come uno stupido e s'imbrogliava nello stringere tutte quelle mani. Complimenti!... Servitor suo! e guardava Giacomino per farsi coraggio.

Don Paolo Seccia girava in torno al quadrilatero del biliardo, con passi misurati per favorire la digestione. Don Domenico Oliva entrò con tale impeto che tutti si voltarono verso di lui, tranne il dottore Panzoni il quale rimase tra le braccia del sonno.

Ripreso il discorso col maggiordomo, si accordarono intorno ai modi di rimanere alla villa, finchè il malato fosse in grado di ritornare a casa; e fu stabilito che donna Vincenzina e Massimo avrebbero occupato il quartierino a terreno nell'angolo verso il boschetto delle magnolie, don Andreino avrebbe piantato un letto da campo nella sala del biliardo per esser pronto alle chiamate dell'infermo: per la cucina, l'albergo avrebbe provveduto nel miglior modo e col minore disturbo dei signori.