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Aggiornato: 16 giugno 2025


Tirai avanti per la Westenvorstadt e la trovai poco lontano, in un prato lungo l'Altmühl, a coglier fiori con la sua sorellina. Mi chiese se andavo al Tiefenthal, e parve molto lieta di apprendere che invece ero venuto in cerca di lei con quei versi. Le domandai di miss Yves.

Cominciarono ad arrivare le carrozze, e, per fortuna le mie angustie non furono lunghe, il landau di Violet comparve dal Frauenthor alle sei e mezzo. Tre signore ed un cavaliere accompagnavano miss Yves. Ella era così pallida! Sorrideva però. La vidi scendere faticosamente di carrozza.

A pochi passi dall'albergo, dove arrivai tardi, incontrai Mrs. Yves che dava il braccio a un signore pallido, magro, evidentemente malato. Era facile indovinar chi fosse. Alto, rigido, pareva toccare i cinquant'anni; aveva un viso triste e duro, una fissa intensit

Aspettai per otto giorni una lettera di miss Yves, che non venne. Il 15 aprile ero a Napoli. Non ci voleva una fede meno salda della mia per mettermi in Napoli a quella ricerca, senza un aiuto al mondo. Dopo otto giorni di corse inutili, di speranze e di angoscie, trovai una traccia, inaspettatamente, al Museo Nazionale.

Forse miss Yves aveva affrettato la sua partenza dall'Italia e io non potevo durare a quella febbrile fatica; fermai di cessare dalle mie vane ricerche e di partire per Norimberga. In questo tempo avevo scritto a Violet due volte; la prima da Napoli, la seconda da Roma. La scongiuravo, s'era vicina a me, di rivelarsi. Nella seconda le indicavo pure la pietra di Shelley per luogo di convegno.

Vedutevi alcune signore intente a copiare quadri, mi venne in mente di domandare se miss Yves ne avesse pure chiesto il permesso. Così potei scoprire che una miss Violet Yves aveva infatti frequentato il Museo dal dicembre al marzo. Uno dei custodi finì con ricordarsi di lei e mi assicurò che da oltre un mese non si vedeva più.

Non m'era mai venuta questa idea tanto ovvia, che gli Yves potevano partire; mi pareva che tutto dovesse continuar sempre così. Credetti che si avvedesse dell'effetto delle sue parole e che cercasse mitigarlo chiedendomi finalmente, in tono sommesso, dove avessi udita la sua voce. Questa domanda così semplice mi recò infatti, in quel momento, dolcezza infinita. In sogno risposi.

Sai cosa ti domanda, cosa ti prepara? Tutta la tua nera filosofia cade. Come dev'esser felice, Lei, disse Mrs. Yves di pensare così. Io non posso. Io non credo che sia un bene neppur la natura nobile. E poi non credo nella stabilit

Non riferirò ciò che risposi a miss Yves. Allora mi parve che le mie parole avessero il fuoco dell'anima e così parve a lei pure. Rileggendole invece più tardi, mi parvero e mi paiono ancora tanto inadeguate a ciò che sentivo. No, non le trascriverò, sono foglie disseccate dell'agave; le lascio cadere.

Molto bello, non è vero? Mi sfuggì un'esclamazione di sorpresa. Era la signora Yves che aveva detto così, a pochi passi da me. Lei? dissi. Forse vi era nella mia voce troppo più senso che nella mia parola. Ella non rispose. È troppo bello qui soggiunsi. Fa persino male. Essa lasciò cadere anche questa frase.

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