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Corre in cerca chi sa di qual medico ciarlatano, o di che donnaccia ignorante che gli accopperebbero senza fallo la moglie e il bambino... Una donnina abbastanza graziosa quella signora Rosa... Non sono mai entrato nel loro quartiere. Vo' vedere come ci è alloggiato questo superbioso che mi fa grazia a colloquir meco.

Scusi, lustrissimo; vorrei sapere che ora è. Io non so.... saranno le undici.... cioè, le dieci.... a un dipresso.... Vo' saper l'ora precisa, io, perchè ho da mettere l'orologio a segno. Via, non si scomodi, farò io.

CINTIA. D'ogni cosa potrebbe di me temere fuorché d'esserle fatto oltraggio all'onore; e assicurala che starebbe con me come se stesse con una sua sorella. Orsú, mi parto, adio. BALIA. E io vo' andar a chiesa a far compagnia a Lidia fin a casa. Ma veggio Amasia sua amica dalla fenestra che mi fa segno. BALIA di Lidia, AMASIO sotto abito di donna. AMASIO. Balia balia, dove sei avviata?

Gradasso non udì tutto il tenore, che disse: Non vo' darla a te altrui: tanto oro, tanto affanno e tanta gente ci ho speso, che è ben mia debitamente.

«Drizza le gambe, lèvati , frate!», rispuose; «non errar: conservo sono teco e con li altri ad una podestate. Se mai quel santo evangelico suono che dice ‘Neque nubent’ intendesti, ben puoi veder perch’ io così ragiono. Vattene omai: non vo’ che più t’arresti; ché la tua stanza mio pianger disagia, col qual maturo ciò che tu dicesti.

TRINCA. Sguazzarai come un cavallo per un pantano: il mio padrone sta irato teco. GULONE. Scusa di mal pagatore: perché l'ho maritata la figlia, per non darmi la mancia, finge il colerico. Questo è il frutto dell'obligo? Va' e stenta tu. Io vo' che mi faccia il beveraggio bonissimo. TRINCA. Ha promesso farti buttar in un fiume, ché beva benissimo. GULONE. Che ha egli meco?

Lo spinge a dietro, e gli ne fa divieto, e par ch'arda negli occhi e ne la faccia; e con voce terribile e incomposta gli grida: Traditor, da me ti scosta! 71 Tu dunque avrai da me solazzo e gioia, io lagrime da te, martìri e guai? Io vo' per le mie man ch'ora tu muoia: questo è stato venen, se tu nol sai.

«Addio! L'orologio suona le nove, e mi sento spossata. Vo a letto, e dormirò tranquilla, aspettando che questa lettera vi giunga domani per tempo. Voi siete mattiniero, e la leggerete mentre io dormirò, forse sognando di essere risanata da voi. Addio, dunque vi aspetto. Vi aspetto!

113 Marfisa, che volea porgli d'accordo, dicea: Signori, udite il mio consiglio: differire ogni lite è buon ricordo fin ch'Agramante sia fuor di periglio. S'ognun vuole al suo fatto essere ingordo, anch'io con Mandricardo mi ripiglio; e vo' vedere al fin se guadagnarme, come egli ha detto, è buon per forza d'arme.