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Aggiornato: 9 giugno 2025


»Milano, 27 aprile 1814. »VERRI, presidente, Giorgio GIULINI, Giberto BORROMEO, Giacomo MELLERIO, PINO, generale di divisione, Giovanni BAZZETTA.

Venuti i tempi piú quieti della Repubblica Italiana, il Verri fu chiamato nel 1802 a far parte del Corpo legislativo, dal quale uscí allorché per le insistenze del Melzi accettò la prefettura del Mella conferitagli con decreto del 26 aprile di quell'anno.

Il conte Massari insistette che non si dovesse improntare il nome della nazione; ma solamente quello del Senato, qualunque fosse la sua deliberazione. Il conte Verri fece delicatamente conoscere d'essere in dubbio che in questo momento concorressero a favore del principe i suffragi della nazione.

Adunatasi questa, all'istante combinò concordemente, che tre de' suoi membri, li signori Guicciardi, Verri e Dandolo, si recassero subito dal duca di Lodi, per porsi al giorno di quanto occorreva. Si prestò subito il duca alle ricerche; giustificò la sua autorizzazione con un decreto di antica data del re, che, nell'assenza del Principe Viceré, gli conferiva amplissime facolt

Trascorsi ormai due anni dagli avvenimenti accaduti in Milano nell'aprile 1814, io, Carlo Verri, intraprendo a stendere una Memoria relativa a quella sfortunata epoca, che rimarr

Un ignoto pose in mano del conte Verri un polizzino scritto, dicendogli lo leggesse ai colleghi; e questo polizzino, che non fu letto pubblicamente, solo perchè non ebbevi il tempo da ciò, era di carattere evidentemente contrafatto, e suonava così: La Spagna e l'Alemagna hanno scosso il giogo francese; l'Italia dee fare altretanto.

Questo e l'altro furono letti piú volte. A ciò successe una ben lunga discussione, nella quale presero parte, da un lato, il presidente, Paradisi, i ministri Prina e Vaccari, e dall'altro, Guicciardi, Dandolo, Massari, Verri, Castiglioni.

Rientrati nel luogo delle consulte, ne uscirono un'altra, e poi di nuovo una terza volta, e sempre infruttuosamente, insino a tanto che il conte Verri, avendo ravvisato nella calca il conte Confalonieri, a lui difilato si volse, pregandolo di fargli conoscere che cosa si volesse quell'agitata moltitudine: al che il Confalonieri non si peritò di rispondere; volersi dal popolo il richiamo dei deputati e la convocazione dei collegi elettorali.

Sarebbe stato forse soffocato dalla storica malinconia delle rovine? Può darsi; ma anche una Musa così ammantata di tristezza avrebbe potuto essere bella e sublime, non come quella gonfia e rettorica delle notti romane del Verri, ma come quella di lord Byron nel Childe Harold, nelle sue apostrofi di artista nordico e di uomo libero.

Primo a servirsi della relazione del Verri fu il CUSANI, che nella sua Storia di Milano, vol. VII, p. 91 e segg. ne riferí lunghi estratti: essa fu poi pubblicata con molti errori e lacune nel vol. IV, pp. 445-507 dalle Lettere e scritti inediti di PIETRO e ALESSANDRO VERRI a cura di C. CASATI, Milano, Galli, 1879-81.

Parola Del Giorno

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