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Aggiornato: 20 giugno 2025


La Vige cogli occhi pieni di lagrime venne al padrone e con poche parole lo pregò di mandare qualcuno a Udine perchè venisse don Letterio: pareva a lei, nella sua povera fede di contadina, ch'egli avrebbe potuto con la sua presenza determinare un miracolo.

Questo signor Alerami non si sapeva donde venisse. Il suo titolo di conte palatino non chiariva nulla, perchè poteva averlo ereditato da' suoi maggiori, oppure ottenuto egli stesso, poniamo, dal Papa. Egli si diceva nato fuori, di parenti italiani; parlava tutte le lingue, ed era stato dappertutto, ma nell'India più a lungo che altrove. Che cosa avesse fatto in India non diceva.

Ma tutto stava nel cominciare: tanto è vero che il peggio passo è quello dell'uscio; dato il quale si sentiva in cuore di poter dire tanto da farne volumi addirittura, senza che quel fiume di parole venisse a decrescere, quella sorgente viva di tenerezza che lo alimenterebbe, a disseccarsi.

Qualche volta il padrino otteneva che il piccino venisse a passare la giornata in casa sua; ma ciò non tanto sovente quanto i Danz

E Maria aveva insistito perchè quest'offerta fosse fatta alla signora Federica anche in nome di lei. In quanto a Roberto, egli era sicuro che sua madre non sarebbe venuta a viver in quei luoghi per tutto l'oro del mondo, e in cuor suo non desiderava che ci venisse, certo com'era che ci si sarebbe trovata male e avrebbe fatto star male anche gli altri.

La signorina gliel'aveva promesso, ma... Ma in fin dei conti toccava a lui di farsi innanzi per il primo; non poteva pretendere che fosse la donna quella che lo venisse a cercare. Adesso era cavaliere, quasi amico del duca Prospero Anatolio; era direttore e proprietario dell'Omnibus... Una visita gliela doveva.

Questo personaggio avviluppato in una calda zimarruola, uno steccadenti fra le labbra, entrò quindi a poco e toccò un piccolo campanello per chiamare un domestico che venisse a rimuovere il fuoco del braciere.

Questi parea che contra me venisse con la test’ alta e con rabbiosa fame, che parea che l’aere ne tremesse. Ed una lupa, che di tutte brame sembiava carca ne la sua magrezza, e molte genti gi

E però la storia del signor Ginguené sarebbe per tutti una gran bella cosa, se venisse ritoccata da un filosofo. Questa almeno è l'umile opinione nostra, alla quale speriamo facile il passaporto in virtú della libertá che la legge e la critica ne accordano.

Forse sarebbe meglio che nessun elemento, terrestre divino, venisse a turbare e a sconvolgere l'armonia dell'umano organismo; ma se qualcosa deve pur troppo romperla, mi pare desiderabile che il gran perturbatore sia il Divino.

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