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Aggiornato: 13 luglio 2025


EUGENIO. Io non posso capir tant'allegrezza e par che venghi meno, ché tutte le preghiere che ho fatto a Dio, son state che doppo aver veduta mia madre e il luogo dove sia nato, morrei sodisfattissimo. SQUADRA. Basta, basta. Vedete voi quella casa? quella è la casa di Sennia.

Olá, apparecchiate la tavola e ponetevi quei presciutti e verrine fredde;... PANURGO....fate che quel gallo d'India sia piú pelato del pelatoio e tutto infilzato di fettoline di lardo, accioché cocendosi pian piano, venghi tenero, ben cotto e non disseccato;...

CRISAULO. Ecco Fileno. Ringraziato sia Dio. Che nuove porti? che t'ha risposto? verrá qui istasera? ha fatto nulla? FILENO. Non l'ho ancor trovata; ch'era, m'han detto, andata fuori al monte a cercar di certe erbe. Ho ben lasciato che venghi, come giunge. CRISAULO. A chi parlasti? FILENO. A quei di casa, ché v'era una corte che l'aspettava.

CONSTANZA. Non son tanto goffa, che non sapesse fingere questo poco; e quando mai far non lo sapessi, l'amor che vi porto, mi sará miglior maestro che costui: so quello che si debba dire e tacere, e non me lo farò dir piú d'una volta. ATTILIO. Trinca, sali su, fa' calar mio padre, che venghi a ricever la sua moglie tanto desiderata; e avisa la mia Cleria del trattato. TRINCA. Volentieri.

Ti venghi il cancher in tel cor, se cercasse in tutto el mondo, en Turcheria, en India e assai pi' en , ti non purisse accattar un oter come mi: mi son auter bravus che 'l sicilian, mi son un oter Rotolan che ammazzi pi' de trenta omen: va' via! ah venghi, ah venghi! A chi dic mi? partit con tutt'i diavoli del mondo, a chi dic mi? SPAGNOLO. ¡Dios me libre de tantos mirables hombres!

PANURGO. Io non posso farvi intrare in casa mia, ché per esservi dentro la peste, come vi ho detto, con accostarvi solo alla porta o toccar queste mura, vi viene adosso la medema infirmitade: onde mi dispero di non potervi onorare, come è mio debito, meno di un becchier d'acqua. Ma farò che Cleria mia venghi giú, su la porta.

Non v'accorgete come Amasia è tutta mutata di colore e par che venghi meno? LIDIA. Amasia mia, che hai? che mutazione è questa? e che doglia t'è sovraggionta? AMASIO. Soverchia passione mi occupa il core! LIDIA. Balia balia, sostieni, ch'io stropiccerò l'orecchie. BALIA. Mordile le labbia, ché cosí gli ravviverai gli spirti. LIDIA. Rivieni, Amasia mia. BALIA. I vostri baci l'han fatta rivenire.

Come volete ch'una donzella, o stimata donzella insin ora, venghi di giorno in casa mia ove non son altre donne ch'una mia balia vecchia e scimonita, e per farsi veder per le fenestre? Ponetevi in suo luogo e siate giudice di voi stesso. ERASTO. Non è ella mia moglie? l'onore e la sua infamia è mia. CINTIA. Vi ponete a pericolo che, scoprendosi un tantino, la perderete per sempre.

Ecco il padre e i principali della cittá che vengono incontro per ricevervi con molt'amorevolezza; ma troveranno in voi tutto il contrario. EUFRANONE. Caro signore, siate il benvenuto, per mille volte molto desiato dalla sposa e da' principali di Salerno! DON IGNAZIO. Io vengo con voluntá assai diversa da quel che pensi: stimi che venghi a sposar tua figlia ed io vengo a rifiutarla.

MARTEBELLONIO.... Certo sará imbriacato, e ficcatosi in qualche stalla si sará disfidato con la paglia a chi piú dorme. M'è salito capriccio in testa di Calidora e vorrei sborrar fantasia. Ben venghi il bellissimo e innamoratissimo capitano! MARTEBELLONIO. O Leccardo, ti son ito cercando tutt'oggi. LECCARDO. Se foste venuto dov'era, m'areste ritrovato al sicuro.

Parola Del Giorno

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