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Aggiornato: 17 maggio 2025
Questo discorso, favellato dal giovane Ubaldini salito su di un trespolo, troncò in un attimo le arguzie intempestive; e tutti cotesti strepitosi, e svagati artisti diventarono serii quanto i Padri del Concilio di Trento. Il primo raggio di sole che spuntò dai colli di Roma rischiarava nella prigione di Torre di Nona un molto lacrimevole spettacolo.
L'Ubaldini terrebbe lo sportello della carrozza apparecchiata, le redini dei cavalli certo artista francese, il quale si era vantato capace di condurre il carro del Sole senza rischio di fare il tuffo nel Po. Per dio! gridava lo Ubaldini percuotendo forte del pugno la tavola, non ha da morire... e non ha da morire;... meglio sarebbe...
A questa schiera di giovani facevano capo molti familiari delle più cospicue casate di Roma, messi su sotto mano dai loro patroni, ai quali pareva ricevere gravissimo torto in cotesta strage Cinciana. Su tutti gli altri, ci raccontano le storie del tempo, sentivasi agitato da smania irrequieta Ubaldino Ubaldini, giovane fiorentino artista di grandi speranze, che sarebbe salito in alta fama se la morte non lo coglieva immaturamente: egli fu il pittore che disegnò la testa di Beatrice come amore disperato gliela impresse nel cuore, nell'atto di essere condotta al supplizio. Guido Reni in quel tempo non si era anche mosso da Bologna, sua patria, a Roma: vi andò sul finire dell'anno 1599, o su i primi del 1600, come si ricava apertamente dalla sua vita stampata nella Felsina pittrice. La tradizione pietosa narra avere Guido Reni dipinto il ritratto della Beatrice nella vigilia della sua morte: però, come erronea, vuolsi emendare; imperciocchè se il caso fosse vero, tornerebbe in massimo disdoro così della vergine come del pittore. Della Beatrice, perchè si tirerebbe addosso la taccia di biasimevole vanit
Ora appariva su l'onda delle teste popolesche, ora spariva, ora avanzava, ora indietreggiava; un passo alla fuga, un passo al patibolo. Il giovane Ubaldini, che dalla staffa della carrozza apparecchiata a ricevere la Beatrice vedeva tutto, conobbe come altri si affaticasse a salvarla, e, per difetto di accordo, invece di aiutarsi s'impedissero, con rovina manifesta della impresa.
Fabio Pepoli, dopo ventiquattr’ore di strazio, spirava lasciando il dovere di vendicarlo ai fratelli suoi Guido e Giampaolo. I quali pregarono anzi tutto il Granduca di Toscana d’intromettersi ad accertare se i Malvezzi avessero per caso avuto parte nell’assassinio del loro fratello: il Granduca indusse il Legato Ubaldini a raccogliere prove che i Malvezzi non erano colpevoli; poi egli e il cardinale, per amore di pace, fecero giurare a Giambattista e ad Aldobrandino Malvezzi
Il giovane Ubaldino Ubaldini fu trasportato con molto riguardo in casa la bella Renza sua sorella, che fu moglie del signor Renzi; e quivi, con quanta maggiore secretezza fu potuto, attesero a curarlo; sennonchè lo affetto paterno e lo zelo dei medici gli tornarono invano per la furiosa febbre accompagnata da delirio, che di subito lo assalì. I medici ristrettisi con la signora Renza, con le lacrime agli occhi le dettero il povero giovane come spacciato; ammonendola per di più, che se passava la nottata non sarebbe giunto a terza del giorno veniente. In vero su lo spuntare dell'alba il male si aggravò, e così com'era delirante chiese carta, e matita. Per acquetarlo glieli dettero, ed egli con la benda agli occhi, e vagellante schizzò il ritratto della Beatrice, maraviglioso a vedersi per purit
Il giovane Ubaldini, come lo consiglia amore, si attenta solo a far testa agl'irrompenti cavalli, e ficca fino all'elsa la spada nel collo al primo che gli si para davanti; ma gli altri oltrepassando gli menarono due fendenti, uno dei quali gli spaccò il cranio, e l'altro gli recise la spalla; cosicchè ei cadde in terra per morto.
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