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Aggiornato: 28 maggio 2025


Come dovessero accogliere la notizia di quella partenza i frati nuovi, lascio argomentare a voi. Essi non si erano avveduti, non avevano sospettato di nulla in quella sera, perchè il padre Anacleto avea fatto il suo colpo alla chetichella, da quell'uomo savio e prudente che era. Povero padre Anacleto! La sua prudenza e la sua saviezza non lo avevano mica salvato dalle interne burrasche. In quella notte che era l'ultima del soggiorno di quel monachino biondo al convento, il padre Anacleto aveva passato ore d'inferno. La pena dei trasgressori dell'undecimo comandamento, che il monachino biondo non gli aveva voluto dire, lasciandogli la cura d'indovinarla da , egli gi

¹²⁵ Gorani, op. cit., t. I, p. 47. Questa cifra, per chi vi si fermi sopra con attenzione, è molto interessante. Quarantacinque mila onze valevano mezzo milione di bolle; e mezzo milione di bolle rappresentavano cinquecentomila Siciliani sollecitanti la licenza dell’uso delle carni, delle uova, dei caci, del latte ecc. La popolazione d’allora, in tutta l’Isola, era di 2 milioni; sicchè una quarta parte di essa cercava di mettersi in regola con la chiesa, con la propria coscienza e anche col proprio stomaco per quanto poco fosse esigente. Poteva, è vero, partecipare alle ragioni dell’acquisto il timore di essere scoperti trasgressori d’un precetto chiesastico, che è quanto dire civile e magari politico; ma al religioso non prevaleva certamente il timore delle pene corporali dell’autorit

A questa lungagnata seguivano le pene ai trasgressori: e le pene erano minacciate con tanta severit

Qui i piccoli Torquemada degli uomini e dell’arte martoriarono temerarî ed isteriche, visionarî e maliarde, e tagliarono architravi e ruppero colonne, che erano gioielli della migliore architettura dell’epoca aragonese. Dal sommo del prospetto rispondente sul Piano della Marina qui si precipitarono i trasgressori delle leggi della pubblica salute nei giorni paurosi di pestilenza.

⁹⁵ Atti del Senato, a. 1777-78, p. 205. La seguente ordinanza dimostra quale senso di estetica e di igiene fosse negli antichi amministratori del Comune: «Osservandosi da questa illustre Diputazione delle strade, che di giorno in giorno vanno mancando e seccando gli alberi di pioppi, olivi ed altri, piantati nelle strade che conducono da Porta S. Giorgio sino al Molo e sino al Ciardone, per dare non meno il comodo a’ cittadini di passeggiare ne’ tempi caldi e di rendere vieppiù magnifica la strada, per causa che li padroni delle case, casini, luoghi od abitanti di essa, in mille modi e maniere artificiose, li fanno desiccare e recidere e scorticare; quindi la Diputazione, volendo ciò evitare, si è rivolta al Re, il quale ha ordinato gravi pene pei trasgressori chiamando responsabili i proprietari delle case e casine vicine e obbligandoli a ripiantare il doppio degli alberi recisi, spiantati, scorticati, mircati, scomparsi».

¹⁰⁶ Teixejra, op. cit., § 310. Dal quale diritto traeva lume e forza quello civile e criminale che egli esercitava sulle carceri del Palazzo pei trasgressori delle ordinanze e dei bandi senatorii e le ingiunzioni al capo di Castellamare nel ricevere questo o quel reo di ceto nobile o civile.

A nessuno veniva fatto di chiamarlo conte Anacleto; e qualche esempio da lui dato a’ trasgressori fece che nel rivolgergli il discorso non gli si desse più verun nome. Lui assente, del resto, non si diceva altro che conte Benedicite, ed anzi v’era taluno la cui lingua ribelle non sapeva dir «conte» e tirava innanzi a dir mastro Benedicite, come nel tempo passato.

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