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Quell'uomo non fu ucciso, ve ne assicuro; o almeno i suoi compagni l'hanno portato via. Giovanni, di buon mattino, andò a cercare il di lui cadavere, e non lo trovò; non vide altro che una striscia di sangue; la seguì per iscuoprire da qual parte erano usciti, ma essa si perdeva sull'erba, e...»

Ma fu un attimo; si abbassò, afferrò robustamente il ferito disteso sull'erba, se lo caricò sulle spalle e, accennando a Garibaldi di seguirlo per un sentiero tortuoso e dirupato, guadagnò l'orto della propria casa e furono al sicuro. La grande azione della sua vita era compiuta, tutto il resto ne discese. Perchè raccontare la vita degli otto giorni che Garibaldi passò nella sua casa?

Per quella volta intanto, egli con molta grazia distese la sua preda sull'erba, trasse il suo coltello pugnale, fece in pezzi il cignale, acconciò a guisa di spiedo un virgulto di legno verde, v'infilzò la carne, ed in poco tempo presentò ai suoi compagni affamati un arrosto da invogliarne anche un moderato.

Il ragazzo dai grandi occhi neri, per la buona ragione ch'era il più piccolo, avea mezzo il corpo fuori della tenda, e poco mancò che non gli mettessi i piedi sul capo. Mi fece compassione; volli che la mattina seguente, svegliandosi, avesse un conforto; e misi una moneta nella mano che riposava sull'erba, colla palma aperta, come per chiedere l'elemosina ai genii della notte.

Noi, affaticati dal servizio romoroso, avevamo trovata pace sull'erba, all'ombra d'una magnolia gigantesca; le signore trascinandosi le loro sedie lunghe o dondolanti; gli uomini s'erano accomodati alla turca....

A un certo punto dovei fermarmi... Un cadavere era disteso sull'erba... Gli accostai la lanterna e vidi che aveva la testa sfracellata da un grosso colpo di bastone.

Vieni qua, la mia bella bestiolina!.... Mi duole proprio di doverti ammazzare... Che vuoi?... Il padrone mi ha dato degli ordini precisi... Zitto! zitto, carino!... ecco!... tutto è finito!... E il mio cuoco gettò sul tavolo il galletto strozzato, lo coperse di un panno bianco, e accesa la pipa, andò in giardino a sdraiarsi sull'erba.

Quell'uomo era il barone, stato quasi due ore a giacere sull'erba, oprando poco da savio, uscito come era di malattia. Se n'avvide ai primi passi che volle fare, perchè le gambe non lo volevano reggere, e gli pareva che il cervello andasse per aria. Allora s'appoggiò ad un albero e attese il frate, che disviando un tantino, veniva diritto verso di lui.

Ugo e Imilda, uscendo per la porta dinnanzi, senza nulla più vedere, incominciarono a salire il monte.... Si udì un belato.... La capra della massaia sporgeva dal finestrino sull'erba il muso gemmato di brina, cogli occhioni sbarrati, col campanaccio che suonava con grave lamento: levò la testa.... Addio!

Avevano finito di pranzare; la mamma era rimasta sonnecchiando coi gomiti sulla tavola; Matteo, il contadino, andava e veniva dalla stalla alla cucina, e i due bambini erano scomparsi. Tina seduta sull'erba del prato accanto alla massaia guardava giù verso il rio nascosto, che serpeggiava nella valle. Improvvisamente un pigolìo rotto da strida tormentose la distrasse.