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Aggiornato: 17 luglio 2025
Oh! oh! oh! bella cosa! Credevon mò, sotto abito di donna, trovare un garzone che con Fulvia si sollazzassi; e volevano uccidere lui e vituperar lei. Ma, trovato che è una fanciulla, tutti si sono rasserenati, tenendo Fulvia la piú pudica donna del mondo. Ed ella con onore ed io con estrema letizia resto. Santilla, da loro licenziata, tutta contenta fuor ne viene. Vedi anche lá Lidio.
Se io dissi dianzi esser tuo, mentivo per la gola: né io tuo servo sono né tu mio padron sei. Io altro padrone ho; tu altro servo ti procaccia. LIDIO femina. Tu mio sei ed io tua sono. FANNIO. Deh, il mio Fessenio! FESSENIO. Che voglion dire tanti abbracciamenti? Oh! oh! oh! Trama c'è sotto. FANNIO. Andianne qua da parte, che tutto ti diremo. Questa è Santilla sorella di Lidio tuo padrone.
Lidio, il maschio, con Fessenio servo da Modon esce salvo; in Toscana e in Italia si conduce; ivi il vestire, il vivere e la lingua apprende. Essendo di anni diciassette in diciotto, a Roma viene, di Fulvia se innamora e, parimente da lei amato, piú volte, vestito da donna, seco a sollazzar si va. Dopo molti scambiamenti, Lidio e Santilla lietamente si riconoscano.
Onde, in un tratto, resuscitò in lui quello amore che gli portava, maggior che mai fratello a sorella portassi: perché, amendue de un parto nati, di volto, di persona, di parlare, di modi tanto simili gli fe' Natura che a Modon, talor vestendosi Lidio da fanciulla e Santilla da maschio, non pur li forestieri, ma non essa madre, non la propria nutrice sapea discernere qual fusse Lidio o qual fusse Santilla; e come gli dèi non gli ariano potuti fare piú simili, cosí parimente l'uno amava l'altro piú che se stesso.
Che febbre? Bufalo! Dico che Santilla m'ha concio male. FESSENIO. T'ha battuto? CALANDRO. Oh! oh! oh! Tu se' grosso! Dico ch'ella m'ha inamorato forte. FESSENIO. Be', presto sarai da lei. CALANDRO. Andiamo dunque da lei. FESSENIO. Ci sono ancora di mali passi. CALANDRO. Non ci perder tempo. FESSENIO. Non dormirò. CALANDRO. Fallo. FESSENIO. El vedrai: ché or ora sarò qui con la risposta. Addio.
Deh! padrone, non ti soviene egli essere Lidio da Modon, figliuolo di Demetrio, fratello di Santilla, discipul di Polinico, padrone di Fessenio, innamorato di Fulvia? LIDIO femina. Nota, Fannio, nota. Fulvia mi è ben ne l'animo e nella memoria. FESSENIO. Mi sapeva bene che sol di Fulvia ti ricorderesti. D'altro no, in modo affatturato sei! LIDIO maschio, FESSENIO, LIDIO femina, FANNIO.
SANTILLA. Or mi fai chiara perché ella, lá in camera, teneramente baciandomi, disse cosí a me: Chi di noi piú contento sia non so. Lidio ha trovata la sorella; io la figliuola; e tu il marito. LIDIO. La cosa può tenersi per fatta. FANNIO. Un'altra ce n'è, forse miglior che questa. LIDIO. Quale? FANNIO. Come dice Fessenio, tanto simili sète di persona che non è chi non ci abbi a restare ingannato.
FESSENIO. Santilla nostra? FANNIO. Piano. Essa è. Io son Fannio. FESSENIO. Oh Fannio mio! FANNIO. Non far qui dimostrazion, per buon rispetto. Fermo e cheto! SAMIA, FESSENIO, LIDIO femina, FANNIO. SAMIA. Oimè! uh! uh! uh! trista me! Oh povera padrona mia, che, in un tratto, svergognata e ruinata sei! FESSENIO. Ch'hai tu, Samia? SAMIA. Oh sventurata Fulvia! FESSENIO. Che cosa è questa?
Deh! me avesse Dio dato per luce tenebre, per vita morte e per cuna sepultura allor che io del materno ventre uscii; da che, in quel punto che io nacqui, morir dovea la ventura mia. Oh sanza fin beato, fratello dulcissimo, se, come io credo, nella patria morto restasti! Or che farò io, meschina Santilla? ché cosí omai chiamar mi posso, e non piú Lidio. Femina sono, e conviemmi esser marito!
Ma fa' pur che io abbi in braccio Santilla mia. FESSENIO. Lassa fare a me. Voglio ire ad ultimare in un tratto la cosa. CALANDRO. Cosí fa'. Ma presto. FESSENIO. Non ho se none andar lá; da qua ad un poco, tornerò a te con la conclusione. RUFFO solo. Non deve l'omo mai disperarsi perché spesso vengano le venture quando altri non l'aspetta. Costei, come io pensai, crede che io abbi uno spirito.
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