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Verso il fine di febbraio Rosilde tornò a stare meglio, ma era tanto debole stavolta, tanto sfinita che la convalescenza progrediva molto stentatamente. La rigidezza dei clima la teneva in continue oscillazioni. Il dottore pensava con viva inquietudine ai venti e alle pioggie del marzo imminente. Una settimana di tempesta poteva uccidere l'Inferma. Allora egli suggerì il ritorno in Italia.

»Ma la mamma, dopo tanti anni di agonia miracolosa, chiuse gli occhi poco dopo, e Rosilde non ebbe la consolazione di poterla soccorrere in nulla. »La povera fanciulla se ne accorò talmente che cadde malata e, come seppi poi, corse pericolo di morte. »Io, rimasta sola, entrai al servizio d'una famiglia in Arona.

I meno cotti, all'inatteso spettacolo, pensando si trattasse di una burletta di quella matta di Rosilde, che quella sera li aveva invitati, come diceva il biglietto «all'ultima cena» levarono alte risa e batterono le mani; e afferrato un candeliere fecero scorta recitando le preci dei defunti. Figuratevi come rimanessero quando si accorsero che la cosa era pur troppo seria.

»Il dottor De Emma, lei lo conosce, aveva sposato un'inglese pochi mesi prima, Li conobbi tutte due, furono cortesi con me e m'invitarono a recarmi spesso da loro a trovar la sorella. »Ci andava tutte le settimane il giorno del mercato. »Rosilde era sempre infermiccia, anzi in capo a qualche mese mi parve che peggiorasse. Avrei giurato che avesse dei dispiaceri.

E quale non fu la mia sorpresa appena entrato di trovarmi fra le braccia della mia Rosilde che piangeva, rideva e mi baciava tutt'insieme. »Ma, Vergine benedetta, com'era ridotta! Scarna, patita! bianca come una statua. »Mi disse che aveva fatto una gran malattia, che ora stava meglio e che i signori De Emma avevano voluto condurla con loro perchè potesse ristabilirsi.

Quantunque Rosilde avesse per don Luigi un grande rispetto, l'umilt

Qualche volta Rosilde sbucava fuori dal suo nascondiglio e andava raccogliendo fiori, camminando dall'una all'altra aiuola queta e silenziosa, come le premesse di non frastornar le sue meditazioni.

»Con me era fatica buttata; non ho mai saputo ballar bene una monferrina; poi non mi piaceva. Ma la Rosilde somigliava a lui in tutto ed anche nella sua passione: imparava a meraviglia tutte le riverenze, e gli scambietti e le giravolte e il pap

»Alcuni giorni dopo una vecchia signora di Arona mi collocò presso Don Luigi, suo nipote, il quale da poco erasi qui fissato. »Fu una vera fortuna per me: non potevo augurarmi un posto migliore. In confronto di quanto avevo provato mi pareva un paradiso. »Solo mi angustiava il pensiero di Rosilde. »Da principio ella mi scriveva spesso delle lunghe lettere, in cui parlava di me e del nostro paese.

Si viveva insieme, si stava bene, ci si consolava a vicenda, e si parlava de' nostri poveri morti. »Ma pur troppo la nostra quiete non durò a lungo. »La professione di Rosilde non è fatta per star tranquilla. »Appena ella fu conosciuta, diventò di tutto il mondo meno che mia. »Dapprincipio l'accompagnavo al teatro, l'aiutavo a vestirsi.