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Vedo ancora tutto. Nulla mi sfuggì allora; nulla mi sfugge. Il mondo reale era completamente svanito. Non restava più se non un mondo fittizio in cui respiravo ansioso, col cuore compresso, incapace di profferire una sillaba, ma pur tuttavia singolarmente lucido, come d'avanti a una scena di teatro.

È stata lei a rovinarmi, a perdermi, a filtrarmi fuoco e tossico nell'aria che respiravo. !... Mi sono vendicato. !... E per questo? Vita per vita!... Pace per pace!... Onore per onore!... Alla gogna! Alla lanterna gli aristocratici, alla lanterna; nome d'un Dio!

Quel quarto d'ora di angosciosissima attesa mi parve un secolo. Che mi attendevo dal dottore? Ero impietrito, convinto che la sua presenza oramai fosse inutile; eppure respiravo con ansia, celeremente, quasi il mio ansare potesse influire ad affrettarne l'arrivo.

Afa? non la so descrivere! Io l'ho sentito però quel fatale mal essere, perchè anch'io in quella notte che precedeva un giorno di tempesta popolare contro la tirannide, anch'io respiravo l'atmosfera di Palermo e l'ho respirata coll'ansia di scorger l'alba che io bramavo come la presenza della fanciulla amata e che presentivo liberatrice.

La sensazione che avevo provato ad Innsbrük tra i rumori delle locomotive, della gente e del vento mi riprese più forte. Il sogno era stavolta così dolce e torbido, so süss, so trüb! Ero nel paese dove aveva vissuto miss Yves, respiravo quasi, nell'aria, i pensieri di lei, e l'acqua opaca, i vapori in cui sfumava ogni cosa lontana mi circondavano del mistero che circonda i sogni.

Egli era seduto accanto a lei, ma non vicinissimo. Adesso, ella teneva le braccia e le mani abbandonate lungo la persona. Sul nero, le mani erano candidissime: ma troppo gemmate. Dove siete stata, voi, Chérie? A Saint-Moritz. Bello, è vero? Ci manco da tre anni. Bellissimo. Ma quell'aria mi ha fatto male, un poco. Qualche cosa può farvi male, Chérie? Pare. Ci respiravo male. Credereste, Paolo?

Affacciato al finestrino, respiravo a pieni polmoni l'aria che mi sferzava il viso, e gli occhi bevevano lo spazio, trionfanti in quella improvvisa libert

Io tacevo; le baciavo piano piano e lungamente i capelli, respiravo il suo amore, il suo pensiero e il suo corpo.

La nebbia non era ormai più rischiarata che da un cerchio rosso e fioco, formato dalla torcia dello schifo del Lautrec che, trasportato dall'acqua stava per scomparire del tutto ed era lontano lontano. Vedi che se fossi anche stato solo era bastante orrore, bastante pericolo per morirne, ma quell'atroce uomo mi veniva d'accosto inesorabile, e imprecava anche con certi muggiti sordi... un pesce cane mi avrebbe dato minor travaglio. Intanto io mi affannava per raggiunger lo schifo di lui che galleggiava in lontananza, e tanto potei fare, che mi vi accostai, solo m'accostai, ma potei anche aggrapparmivi agli orli. Respiravo un momento, e fu allora appunto che mi parve di sentire un altro rumor di remi affrettato.... Altre voci.... Mi si allargò l'animo del tutto, e mi credei salvo, mando un grido, uno strillo acuissimo per dare un avviso di me... ma in quella mi sento afferrar per le gambe come da una tenaglia che stringe e morde, e a dar tirate e squassi tanto che le mani lacerate mi si staccarono dagli orli. Il Lautrec era gi

Risposi immediatamente ch'era dell'amore sincero e leale e fedele ch'io le offriva: che avevo bisogno di lei come dell'aria che respiravo, che mi sentivo legato a lei come alla vita istessa, che mi sarei squarciato il petto prima di abbandonarla. L'indomani ella replicava: «Se tentaste d'ingannarmi, Dio vi punirebbe. Confido nelle vostre parole. Venite.