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Aggiornato: 13 giugno 2025


Fra venti anni sarai morto o saranno morti i tuoi testimoni. Lui ci rispondeva travolgendo gli occhi e mordendosi il labbro. Con la buona condotta e con l'intelligenza era diventato scrivanello. Dal momento che ebbe in mano la penna che lo lasciava girellare per lo stabilimento, la sua vendetta divenne una fiaccola accesa. Non ebbe più requie. Pensava a una fuga.

Il suo cruccio erano i suoi nervi. I nervi non gli davano requie. Non lo lasciavano dormire, non lo lasciavano lavorare e gli distruggevano il pensiero di prepararsi un futuro intellettuale. Egli si diceva sfibrato, fiacco, senza attivit

Se poteste sentire come mi si conficcano più addentro i chiodi delle tempie!.... Vorrei non poter pensare! Soltanto non pensando avrei un po' di requie!.... Ma ci accostiamo alla fine. Sopporterò questa tortura; voi troverete un rimedio per addormentarmi il pensiero.... C'è un rimedio? Ah!... Benissimo! Vivevo di odio, di gelosia, di amore sfrenato.... Avrei voluto fuggire lontano, ma non potevo.

Tutto finisce! Anche il dolore: e la pianticella che dedicasti alla requie di un caro un giorno schiuder

Dio, Dio buono, aiutateci a passare questi due giorni. Ah, son lunghi! La Rondine. I giorni son cresciuti di sei ore, Salvestra. Un involontario guizzo di gioia passa nelle sue parole. La Salvestra. Oggi è l’antivigilia del Corpus Domini. La Rondine. È vero. La Salvestra. Domattina si dice la messa di requie nella Cappella. La Rondine. Ah, è vero. L’anniversario! La Salvestra.

Io mi sarei sottratto a quella con la morte; pure ne porto la pena. Questa è una via dolorosa; la sventura mi flagella, affinchè senza requie pervenga al fine, e al fine mi attende l'infamia....» «L'armatura, Cavaliere....»

«Geffroi Visconte, alfiere dell'Imperatore Carlomagno, che Dio faccia requie alla sua anima, l'ebbe mozze alla battaglia delle Chiuse portando l'Orifiamma; e la fama racconta, che sire Geffroi, senza punto sbigottirsi, la stringesse co' denti, e così la restituisse all'Imperatore, il quale gli disse: o Sire....»

Venne graziato il venticinque aprile 1876. Ritornato in mezzo a noi, ci raccontò lo spasimo che aveva subito in quelle notti e in quei giorni. Ci diceva che il pensiero di morire non gli dava mai requie, e che, anche quando la prostrazione gli chiudeva gli occhi, il suo sonno veniva conturbato dal carnefice, del quale gli pareva sempre di sentire la voce.

Ma vedere certe bizzarrie e cucirsi le labbra era davvero un po' troppo! La buona donnetta non poteva darsi requie e andando e venendo per la sua cucina non riusciva a mettere nelle sue faccenduole la solita meticolosa diligenza.

Quel mondo ch'egli aveva con tanta cura sfuggito tendeva ancora un braccio a ghermirlo.... Che fare? oh non si lascerebbe prendere. Fuggire di nuovo, ramingar sempre, cercare un ancora più nascosto ricetto in estera contrada! Giunse a casa con un turbinio di siffatti pensieri pel capo che non gli lasciavano requie.

Parola Del Giorno

dell’esule

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