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«Ebbervi luogo le consuete sacre funzioni nella chiesa dove si distribuirono ai reclusi che ne erano meritevoli i soliti premi, ed alle fanciulle le dieci doti concesse annualmente dalla sovrana munificenzaStoria di cinquant'anni fa che, in certe cose, par storia di ieri! Siamo nello Spedale dei Pazzi, detto di Bonifazio.

«Anche i galeotti che lo mangiano da tanti anni se ne lamentano e farebbero un «fuori! fuorise non avessero paura di un rincrudimento di rigore. Sarei contento che una volta o l'altra mi si processasse per diffamazione. Io non domanderei che la testimonianza dei sei compagni della quinta camerata e il permesso di citare una cinquantina di galeotti e un centinaio di reclusi. Proverei come due e due fa quattro che la qualit

Egli vi era andato preceduto dalla fama di direttore «severissimo», d'un direttore, per esprimermi con la frase di un forzato, che terrorizzava con una disciplina di ferro. Direttore di un reclusorio, egli voleva che imperasse il silenzio assoluto. Il guaio era che gli inquilini di questo bagno penale come lo si chiamava mava prima erano misti: cioè erano reclusi e forzati.

Sperongiallo e Nasella si videro imbandita una colazione più lauta della consueta; quando i due gozzi furon pieni e oltre l'usato appariscenti, la massaia scese giù nel cortile, afferrò i due volatili per la coda, li chiuse in un canestro, e partì con quello alla volta di Incino. I due reclusi non emisero un gemito.

È la consegna dei reclusi dalla guardia notturna alla guardia diurna. Escono, si chiude e si schiude di nuovo il cancello per i reclusi che vengono a portar via il mastello dell'acqua sporca, per il recluso che viene a prendere il barile dell'acqua, per il forzato che vuota il «bugliolo» e il pitalone. Il «bugliolo» è il recipiente di legno con coperchio del liquido puzzolente.

Disegnava galeotti, secondini, reclusi, frontoni del reclusorio, compagni di camerata. Copiava danzatrici, madonne, bimbi, uomini illustri, donne celebri, quello che trovava nelle riviste e nei libri illustrati. Con la tenacia del volere è potere, dell'uomo che vuol riuscire ad ogni costo, la sua matita faceva progressi meravigliosi.

Il direttore incominciò allora con le punizioni e i reclusi e i forzati si misero a gridare e a urlare che gli avrebbero fatto un fuori! fuori! La sera prima, i più eccitati si erano scambiati degli abbracci e salutati con dei baci, dicendosi l'un l'altro: chi sa quando ci rivedremo! Il giorno dopo si trovarono come dicevano loro decimati. In ogni camerata ne mancavano venticinque.

Immaginatevi il fetore costante di una camerata di settanta o ottanta individui! C'è però un guaio anche nella nostra. In alto alla parete sono due finestrucole che comunicano con una camerata piena di reclusi. Di notte e di giorno riceviamo la loro atmosfera appestata e siamo condannati a sentirli trullare come maiali!

Mancherebbe che ci fosse anche il permesso della sigaretta per far diventare il reclusorio uno spaccio di tabacchi. Il direttore era stato in tutte le camerate a fare una specie di predicozzo sui doveri del condannato e a incoraggiare i reclusi a sperare nella grazia sovrana.

Era una donna brutta, bassotta, con tanti capelli neri e con le labbra sottili della sanguinaria. La maggioranza era in borghese, in viaggio per la casa di espiazione. I reclusi, col loro abito carnevalesco, colorivano la scena, e i galeotti, col tintinnìo della catena che penzolava loro dal fianco, la intetravano. Tutti assieme, circondati da un nugolo di carabinieri, facevamo paura.