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Aggiornato: 22 maggio 2025


Si rialzarono, si riazzuffarono: Roberto era ubriaco di rabbia: tutti e due inveleniti dall'odio; a poco a poco si accostarono al ponte: a un urto di Roberto il conte di Squirace cadeva nell'immenso precipizio, gettando un grido straziante: all'assassino! che risuonò in tutto il parco. Enrica era scomparsa.

La madre un bel scappò di casa con non so quale avventuriere, e la rabbia, la vergogna del marito abbandonato si convertirono in altrettanta maggiore persecuzione verso il figliuolo. Questi pensò ancora egli più volte di sottrarsi colla fuga ad un'esistenza divenuta insopportabile; ma dove andare? e come vivere?

"Sono certamente, o Madre, esclamò Rina a quello scroscio compresa di terrore, sono i demonii che dal monte Bisbino vanno alle caverne del Tivano, e passando presso alla cappella dell'Eremita, scagliano per rabbia le fiamme e la tempesta, strascinando le loro catene".

Passò in Inghilterra, e ciò da cui più venne colpito furono l'egoismo, la crudezza della lotta degl'interessi, il disprezzo pei deboli che contraddistinguono quella razza di forti; in Germania vide il trionfo della forza: a Berlino e Vienna incontrò le stesse passioni, gli stessi difetti e vizî e ingiustizie, onde la sua primitiva disistima degli uomini e delle donne, il suo scetticismo, il suo rancore contro chi godeva gioje a lui contese, la sua rabbia di soddisfare le sue brame si accrebbero, migliorarono i suoi costumi e il suo carattere.

Nello stesso punto s'intese un grido di dolore e di rabbia, e un uomo livido in viso, con gli occhi injettati di sangue, con la barba incolta, coi capelli arruffati, sbucò dalla macchia. Era Cipriano, o piuttosto la larva di Cipriano. Le veglie, il digiuno, i patimenti d'ogni sorta, i malvagi pensieri avevano fatto di lui un altr'uomo.

Antonio, senz'attender altro, si precipitò fuor della stanza con una rabbia ed una vergogna nell'anima che Dio vel dica; gi

Con questi ragionamenti, fatti a pezzi e bocconi, quando l’occasione si offriva, Martino Alonzo Pinzon credette di giustificare la sua dimora prolungata a Palos. Ma intanto ch’egli si consumava di rimorsi e di rabbia, gli giungeva una lettera dalla Corte.

DULONE. Stimo che il furore e l'ira, di che eravate acceso contro di lui, v'abbino mostrato una cosa per un'altra. ERASTO. A me parve cosí vedere. DULONE. La rabbia e lo sdegno imbriaca come il vino. ERASTO. Potrebbe esser quel che tu dici. Andiamo a incontrarlo, ché vo' ucciderlo in ogni modo.

Si fece passare per tedesco, della Toscana, impiegato nella segreteria particolare del re a compor cifre diplomatiche per la corte di S. M. siciliana e decomporre le cifre degli ambasciatori. Perocchè S. M. aveva una rabbia irresistibile di conoscere ciò che le sue poste reali portavano ai gabinetti stranieri. Il cavaliere Spada del resto si mostrava poco: era misantropo!

Che si fa? PIRINO. Se sta combattendo con la rabbia e con l'ira; e ne ho tanta nel petto, che bastarebbe a riempirne tutte le fère del mondo. PANFAGO. Che colpa ci ho io? Volete voi con la vostra rabbia uccidere voi e me in un colpo? Se col mostrarti rabbioso e iracondo pensi che io non abbia a desinar teco, l'erri in grosso.

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