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Aggiornato: 15 giugno 2025


I miei colleghi mi chiamarono d'allora in poi il mangia-cani, soprannome che in China non sarebbe parso per nulla vergognoso, ma che pareva ridicolosissimo a quella gente plebea. La storiella varcò le mura del circo, passò nelle gazzette e macchiò la mia rinomanza.

La disdetta lo aveva perseguitato fin dalla serata in cui, trepidante di emozione, aveva esordito sulle scene d'una arena plebea di Rifredi, nella parte d'un paggio che doveva pronunciare nient'altro che questi due monosillabi: Il re. Aveva provato tutta una settimana; inoltre, passeggiava spesso per vie solitarie, dicendo a voce alta, per trovare l'intonazione giusta: Il re! il re! il re!

In torno a lui altre coppie giravano. La sala si era empita di gente variissima; e nel gran calore le candele ardevano con una fiamma rossiccia, tra i festoni di mortella. Tutta quell’agitazione multicolore si rifletteva nelli specchi. La Ciccarina, la figlia di Montagna, la figlia di Suriano, le sorelle Montanaro apparivano e sparivano, mettendo nella folla l’irraggiamento della loro fresca bellezza plebea. Donna Teodolinda Pumèrici, alta e sottile, vestita di raso azzurro, come una madonna, si lasciava portare trasognata; e i capelli sciolti in anella le fluttuavano su li omeri. Costanzella Caffè, la più agile e la più infaticabile fra le danzatrici e la più bionda, volava da un’estremit

Una bella stoffa, un prodigioso anello, una pettinatura insolita e complicata, un motto di spirito, la notizia d’un fidanzamento, la straordinaria ladreria di qualche beduino crudele, gli spettacoli dei nuovi anfiteatri che si stavano aprendo, la questione dei precettori stranieri che pervertivano gli adolescenti e quella dei linguacciuti liberti che spadroneggiavano in tutte le case, il pericolo delle spie, quasi tutte greche o levantine, cui non sfuggiva il minimo pretesto per fare una denunzia o per tentare un ricatto, le prolusioni sapientissime che i Dottori tenevan ne’ cortili del Tempio, dinanzi ad immensi uditorii fra i quali nessuno si dava la pena di capire un’acca, l’imbarazzo del Procuratore, il quale non mancava di perdere il filo e di arruffare scempiaggini tutte le volte che aveva da parlare in pubblico, ma sopra tutto il colorito sanguigno e le poppe indecenti che aveva la moglie di costui, plebea ricca di bitorzoli e scarsa di virtù, la quale faceva commettere un numero infinito di sciocchezze al rappresentante di Cesare, le canzoni esotiche venute in Palestina coi navigatori o con gli schiavi d’altre terre, le satire nelle quali si tradiva il terribile spirito ironico della razza giudaica:

Lo aiutante stringeva nelle mani un rasoio. Egli guardò lei, e rimase come abbagliato da tanta bellezza; ella guardò lui, e sentì freddo; pure assicuratasi, incominciò a pensare: Una voce di misericordia avrebbe tocco per avventura le viscere del pontefice? Forse alla belva plebea si toglie lo spettacolo del sangue, che vale a renderla sempre più feroce? Parlate!... Indi rivolta allo aiutante, gli favellò: A che vi rimanete cost

Cosí la filosofica alta idea, che resiste a' martelli e alle tenaglie, men valse della opinion plebea ridicola, che parlin le muraglie; e Filinor, che il ciel sprezzar solea, or fra due cappuccini e le gramaglie, pallido, sbigottito e tutto fede, avemarie dimanda a chi lo vede.

Voga! gridava ancora il principe impaziente di raggiungere il fuggente tesoro. Voga, e se non basta un marengo ne avrai dieci. Voga!" In questa fucina di servilismo che si chiama Italia, ad ogni passo si devono ricordare le glorie dei tiranni. "E se fosse una plebea? ruminava ancora nel suo soliloquio il principe. Che plebea d'Egitto? Ha forse Dio creato dei plebei e dei grandi?

Parola Del Giorno

branchetti

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