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Aggiornato: 11 giugno 2025
Poi che cosí dolcemente è ita per lo ponte, seguitando la doctrina della dolce mia Veritá, e passata per questo Verbo, sostenendo con vera e dolce pazienzia ogni pena e molestia, secondo che Io ho permesso per la salute sua, ella virilmente l'ha ricevute, none eleggendole a suo modo ma a mio; e non tanto che porti con pazienzia, come Io ti dixi, ma con allegrezza sostiene.
Non che possano adoperare alcuno bene, ma godonsi quel che essi hanno portato, cioè che non possono fare veruno acto meritorio per lo quale essi possano meritare. Però che solo in questa vita si merita e pecca, secondo che piace a la propria volontá col libero arbitrio. Costoro none aspectano con timore il divino giudicio, ma con allegrezza.
È ben perfecto a grazia; ma none a questa perfeczione de' sancti miei, che sonno gionti a me, vita durabile, sí come decto è; ché i desidèri loro sonno senza pena, e i vostri sonno con pena. Però che la carne sua era dolorosa e tormentata, e l'anima era beata per l'unione della natura divina.
Oltre a questo cognoscimento, per l'unione che ha facta, si leva ad uno lume acquistato non per natura, sí come Io ti dixi, né per sua propria virtú adoperata, ma per grazia data da la mia dolce Veritá, la quale none spregia gli ansietati desidèri né fadighe le quali ha offerte dinanzi da me. Alora l'affecto, che va dietro a lo 'ntellecto, s'unisce con perfectissimo e ardentissimo amore.
None che esso e gli altri servi miei non mi veggano e gustino, non in essenzia, ma in affecto di caritá in diversi modi, secondo che piace a la bontá mia di manifestare me medesimo a voi; ma ogni vedere, che l'anima riceve mentre che è nel corpo mortale, è una tenebre a rispecto del vedere che ha l'anima separata dal corpo.
Poi che l'anima l'ha cognosciuta, sí se ne è vestita e non actende ad altro se none a vedere in che modo possa conservare e crescere lo stato suo perfecto per gloria e loda del nome mio, aprendo l'occhio de l'intellecto col lume della fede ne l'obiecto di Cristo crocifixo, unigenito mio Figliuolo, amando e seguitando la doctrina sua, la quale è regola e via a' perfecti e agl'imperfecti.
Privato è d'ogni bene e caduto in sommo male. E unde riavará la vita? da questo medesimo Eliseo, Verbo incarnato, unigenito mio Figliuolo. El quale Sangue gli è gictato sopra el capo suo dal ministro, andando a la confessione con contrizione di cuore e dispiacimento della colpa, e con satisfaczione e con proponimento di none offendere piú.
Mentre che egli spera in sé e nel mondo, none spera in me: perché 'l mondo, cioè i desidèri mondani dell'uomo sono a me in odio, e in tanta abominazione mi furono che Io diei l'unigenito mio Figliuolo a l'obrobriosa morte della croce; onde il mondo non ha conformitá meco, né Io con lui.
Dicendo «molte» non ti pongo numero, perché l'affecto de l'anima fondato in caritá, che dá vita a tucte le virtú, debba giognere in infinito. E none schifo però la parola, ma dixi ch'Io volevo poche parole, mostrandoti che ogni operazione actuale era finita, e però le chiamai «poche»; ma pure mi piacciono quando sonno poste per strumento di virtú e non per principale virtú.
Non facendo bene, séguita che fa male; facendo male, verso cui el fa e dimostra? verso se medesimo in prima e del proximo; non verso di me, ché a me non può fare danno se none in quanto Io reputo facto a me quello che fa ad altrui. Fa danno a sé di colpa, la qual colpa el priva della grazia; peggio non si può fare.
Parola Del Giorno
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