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Aggiornato: 23 giugno 2025


In un punto ha raddoppiati tre: non gli deve bastar lui solo, vuol servir per tre persone. GERASTO. Ah, ah, ah! NARTICOFORO. Ah, ah, ah! FACIO. Voi forse ridete di me? NARTICOFORO. Anzi, noi ci ridemo di noi stessi. A costui ha dato ad intendere ch'era me, a me ch'era costui: e cosí ha sicofantati tre.

Se tu non vuoi dirci io chi sia costui tu stesso, dicci almeno, chi sei di noi duo. GERASTO. Di grazia, fatene questo piacere, chi sei di noi duo? PANURGO. V'ho detto dieci volte ch'io son io e voi sète voi, io posso essere alcun di voi. NARTICOFORO. Oh, non posso far rispondere costui ad petita!

NEPITA. Parlate onesto, se pur vi piace, che vi devreste vergognare. NARTICOFORO. In che ho peccato?... NEPITA. Andate in bordello, vi dico, e innanzi quelle donne ragionate di questo. GRANCHIO. Certo, queste parole l'hanno guasto lo stomaco. NEPITA. Certo, che dovete essere un bel pappalasagni.

ESSANDRO. Vuoi partirti? NARTICOFORO. Mi partirò quanto ocius; se non, vo' essere trucidato. ESSANDRO. Lascialo calar giú. Avèrti, ascolta bene: all'altra, io ti passerò questa spada per i fianchi. NARTICOFORO. Oh, come m'hai difeso, capitan Dante! ti dovereste piú tosto chiamar capitan Recipiente che Dante!

NARTICOFORO. Ascolta, di grazia, la conclusione, talché a primo ad ultimum se ho detto se state in questa casa, ho voluto ornatamente inferire se sète incola di questa casa. NEPITA. che che conclusione cavo io di questo? NARTICOFORO. Questo «che che» è un «cacephaton», una cacofonia; ma dite piú ornatamente: Che conclusione caverò io di questo? L'altre parole sono superflue....

NARTICOFORO. Il canchero che ti mangi! abi in malam crucem! Costei deve essere qualche fantesca ignorante: che sa dei fatti del padrone? GRANCHIO. Fate quanto volete, troverete vere le mie parole. NARTICOFORO. Lasciami confabular con Gerasto, cosí vedremo chi ar

ESSANDRO. È venuto or ora un correo ad avisar Gerasto che Narticoforo e suo figlio se ne vengono a casa. MORFEO. O ventura maladetta, mira a che ora e a che punto son venuti costoro per disturbare il banchetto! or non poteano venir dopo pranso? ESSANDRO. Orsú, che mi consigliasti a fare? PANURGO. Tu perché avevi cosí gran voglia di farlo?

GRANCHIO. Giamai dissi veritá magior di questa. NARTICOFORO. Proh Iuppiter, che tu mi fai excandescere di rabbia! Mira se sei un búbalo: non ci hai trovati nel luogo dove ci lasciasti? come possiamo esser giunti prima di voi stessi? Furcifer, furcifer, ti prendi piacere di ludificarmi.

Tocco la tazza dove beve il mio padrone, che è d'argento; non posso toccar te? NEPITA. Pensi che se lo sapessero i miei parenti, non te ne farebbono pentire? GRANCHIO. Tocca tu me, che i miei parenti non se ne curano. NEPITA. Tu sei ben un cattivo. GRANCHIO. Cattive son le vesti, ché, si mi vedesti nudo, ti parrei bellissimo. NARTICOFORO. Tu veramente deliri e patisci di lucidi intervalli.

Vedete se siete da poco. GRANCHIO. Ah, ah, ah! NARTICOFORO. Tu non intendi questo mio parlare che è pieno di figure e di ornamento oratorio, da' Greci detto «schemata». Cicero in libro De claris oratoribus: «Schemata enim quae Graeci vocant, maxime ornant oratorem, eaque non tam verbis pingendis habent pondus, quam illuminandis sententiis». GRANCHIO. Questa è la via d'entrar presto in casa!

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