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Aggiornato: 21 giugno 2025


Mentre il nostro duce annunziava al mondo i suoi pieni poteri di generale romano, ai piedi della torre del palazzo Piombino in Monterotondo, a mezzo di una scalinata rustica e tra l'erba bagnata d'un giorno piovoso, discorrevano con mistero Alberto Mario, sottocapo dello stato maggiore di Garibaldi, Agostino Bertani, il maggiore Giuseppe Guerzoni, il colonnello Giuseppe Missori, il giovane principe Piombino in persona e chi scrive, e in quel colloquio veniva designato il valoroso, che primo avrebbe dovuto sventolar la bandiera rossa dopo una vittoria.

L'irritazione e l'entusiasmo fra noi nel campo chiuso di Monterotondo erano al colmo e insieme l'allegria non per tutto codesto cessava.

Alla uscita da una porta di Roma le guardie perquisirono il gagliardo buzzurro, palpandogli persino la faccia, ed egli trangugiò la pallottola col messaggio. Giunto a Monterotondo, narrò il fatto a Garibaldi, che ordinava a Basso la somministrazione di un medicinale; onde la novella dei francesi tornò alla luce e fu dal solo generale risaputa.

Da Mentana si giunge in meno di mezz'ora per una strada assai buona fra cespugli e vigneti a Monterotondo. Il grande castello baronale, una volta degli Orsini ed ora appartenente al Principe di Piombino, è un edifizio imponente e bello, con una torre grandiosa, e sorge, in cima al paese che quasi nasconde. Era pieno di soldati francesi.

Appena aperti gli occhi, il mio primo pensiero fu quello che m'era venuto a Monterotondo la mattina del 20: Dunque quest'oggi «s'attacca!» E stetti un momento perplesso. A un tratto mi parve di sentirmi nell'orecchio una potentissima voce: Roma! e mi scossi da capo a piedi, e balzai d'un salto alla finestra.

Giunto in sull'alba del 3 a Tivoli, fece spargere la voce che si dirigeva al Napoletano. Al tramonto infatti, levato il campo, marciò per un buon tratto verso il Mezzogiorno; indi volse improvvisamente a Settentrione, pernottò a Monticelli, e la mattina del 4 s'accampò a Monterotondo. Qual era il suo disegno? dove voleva andare? a che mirava? nessuno seppe indovinarlo.

Ma tal grossolana mancanza di tattica o di coraggio negli alleati dell'altare e del trono è forse spiegabile nel fatto che essi convergevano gli intenti e gli sforzi verso la nostra sinistra per scassinarla e tagliarci la strada e la ritirata di Monterotondo, fidando anche negli aiuti che loro avrebbero dovuto pervenire dalla via Salaria per percuoterci alle terga.

Mosto ferito gravemente a Monterotondo, fu men felice di Uziel il prodissimo della colonna Genovese che vi morì da forte ed ebbe quindi la fortuna di non sorvivere alla sventura di Mentana.

Nel cortile giacevano più di mille fucili garibaldini, accatastati in disordine; cattive armi a percussore, forse della Guardia Nazionale, mucchi di baionette, guaine di sciabole, bacchette si vedevano sparse sul terreno. Erano state raccolte a Monterotondo e sulle strade vicine. Fui condotto nella casa dove Garibaldi aveva abitato; questa si trovava nella piazza inferiore, non lungi dal Duomo.

Scendendo dal prossimo Monterotondo, s'incontra a sinistra una chiesa isolata e poi la strada tira via dritta da mezzogiorno a tramontana e la fiancheggiano in schiera dall'uno ed altro lato le case che costituiscono il nostro villaggio e di cui quel municipio dovrebbe crearci tutti almeno cittadini onorarii.

Parola Del Giorno

quell'autorevole

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