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Il Papa sbuffando disegna con perverso consiglio bandire la Crociata contro Federigo; ed a questo scopo convoca i prelati del mondo cattolico a Roma: quei di Francia essendosi ridotti a Nizza il Papa manda le galere genovesi a levarli; lo imperatore contrappone a loro i Pisani, guelfi e ghibellini incontransi alla Meloria e per questa volta vincono i Pisani per rimanervi più tardi intieramente distrutti.

Madonna Bianchinetta e la sua bellissima nuora erano rimaste sopra pensiero. Proponeva gran cose, l'eccelso Gian Aloise, e per accettare, come per ricusare il partito, bisognava meditarci su. Messer Filippino frattanto aggiungeva di suo, commentando l'epistola: Siamo in famiglia, e si può dire ogni cosa. I Pisani non vogliono essere oppressi da Fiorenza; e tanta è la ripugnanza loro a quel giogo, che vogliono piuttosto quello di Genova, dimenticando il colpo mortale della Meloria. Potrebbe Genova accettare l'invito, e noi di casa Fiesca goderne, se Genova fosse nostra più che non sia. La teniamo in parte, preponderandovi con l'aiuto del re Cristianissimo, a cui siamo d'aiuto pur noi, tenendogli in fede la Repubblica. Ma più teniamo e con maggior sicurezza la Riviera di Levante, quanta n'è dall'Appennino al mare tra la Scrivia e la Magra, non senza forti scolte nelle valli del Taro e della Baganza. A noi, non a Genova, si spetta di andare in soccorso di Pisa. Ma c'è qualcun altro che vorrebbe mettersi avanti in nostro luogo. Quest'altro non ve lo dice la lettera di Gian Aloise, perchè non tutto si confida allo scritto; ma egli è Gian Giacopo Trivulzio, il quale, se non forse quanto Gian Aloise Fiesco, è pur molto in grazia del re Cristianissimo. Non pare a Voi che in questo caso avr

Il Pusterla girava gli occhi per l'orizzonte, cercando una nube, una vela, un qualunque oggetto ove aggrapparsi con un resto di speranza, e non vedea nulla: gli alzava verso la Meloria, verso quelle coste d'Italia che di tanto desiderio avea desiderate, verso i monti lucchesi... Per vederli da lontanissimo, o piuttosto per indovinarli, s'era tante volte arrampicato sui più erti picchi di Francia, stando ad osservarli col mesto tripudio d'un ritorno più ambito che sperato.

Tanto gli uomini sembrano illuder , e voler illudere Dio stesso, chiamando merito e sacrificio le proprie ambizioni! Ma entriamo noi il men possibile nell'intenzioni: son segreti di Dio giudice, giudice terribile e misericordioso. L'anno innanzi erasi combattuta un'altra gran battaglia navale tra genovesi e pisani, di nuovo alla Meloria.

E inviterei: Moviamo al tempio di san Matteo, monumento de' Doria, al san Donato dalla torre costantinopolitana: a san Tomaso, al san Marco col Veneto lione, che rugge ancora coll'ultimo lamento di Andrea Dandolo, il suicida di Curzola memoranda; che freme ancora all'invisibile sogghigno trionfale di Pagano Doria trascinante dalla poppa della galea capitana lo stendardo de' Veneziani. Andiamo al Campo Pisano: ivi i tredicimila prigionieri fatti alla Meloria cainesca e le larve disperatissime dei tremila uccisi fecero ringhiare il proverbio tremendo: Chi vuol veder Pisa vada a Genova : i catenoni del porto della rivale furono tagliati a pezzi, perchè potessero essere appesi qua e l