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Aggiornato: 18 giugno 2025
Giuro per la sua vita ché non ho qui in terra maggior cosa da giurare che nella maestá del suo volto vi riluce una spezie d'imperio reale, che mi risveglia l'animo a gran desidèri di gloria e m'innalza con gli occhi dell'intelletto a considerar quella dell'animo suo senza pari: e mi servo di quella sua bellezza, come occhiali, per innalzarmi a piú sublime grado di contemplazione, a quel sommo bene, a quella celeste ineffabil bellezza, anzi fonte onde scaturisce ogni bellezza.
Il quale sentendo Dante della Magna partirsi per soggiogarsi Italia, alla sua maestá in parte rebelle, e giá con potentissimo braccio tenere Brescia assediata, avvisando lui per molte ragioni dover essere vincitore; prese speranza con la sua forza e dalla sua giustizia di potere in Fiorenza tornare, comeché a lui la sentisse contraria.
Ti chiuderò ivi dentro e non ti farò uscir se non arai divorato e digesto il tutto; sederai sempre a tavola mia con maestá cesarea e ti saranno posti innanzi piatti di maccheroni di polpe di capponi, d'un pasto l'uno, sempre bocconi da svogliati. LECCARDO. Panimbolo, che mi consigliaresti per non esser appiccato? PANIMBOLO. Farti tagliar il collo prima. LECCARDO. Il malan che Dio ti dia!
In Napoli l'entrate, che vi ha la Maestá cattolica, si spendono tutte e moreno nel medesimo Regno, ché non se ne incascia parte alcuna, e piú volte vi manda milioni di contanti; se bene poche se ne potria incasciare, per essere quasi tutte vendute e convertite in soldo d'avantagiati e milizia per il Regno.
Sí che, se fusse vera la esperienza, oltre li denari che fussero stati prima in Regno nell'anno 1595, per li detti anni quindeci soli vi sariano stati li milioni novanta: quali tutti doveano essere in Regno, giaché, come esso confessa, dalla Maestá cattolica non solo non se ne cava moneta dal Regno, ma ve se ne invia; né meno sariano uscite le monete per le robbe che vengono da fuora e per l'entrate che tengono forastieri, stante la bassezza.
Come all'incontro dico che non è espediente al prencipe o al regno far fare tanta quantitá di moneta piccola, che corra ordinariamente, anzi sia la maggior, per non dir sola, che corra in negozi, e, oltre l'incommoditá grande, è facilissima a tagliarsi e falsificarsi: ché, se a far quella move alcuno utile, per essere manco di peso a rispetto delle grosse, manco mal saria fare meno di peso una qualitá sola de le grosse, e avere tutto l'utile Sua Maestá e non partirlo con mercanti e artefici di zecca.
ALL'ILLUSTRISSIMO ED ECCELLENTISSIMO SIGNOR IL SIGNOR DON PIETRO FERNANDEZ DE CASTRO CONTE DE LEMOS, MARCHESE DI SARRIA, CONTE D'ANDRADA E DI VILLALVA, DELL'ORDINE DELLA MILIZIA D'ALCANTARA, COMMENDATOR DELLA ZARZA, DELLA CAMERA DI SUA MAESTÁ CATTOLICA E NEL REGNO DI NAPOLI VICER
O tristo esempio certo o poca testa inauditi disordini cagiona. Un figliuol giuoca, quell'altro s'impesta, l'altro prostituisce sua persona: de' padri un si percuote, un si tempesta, né in casa posson far correzion buona; ma sturban contro a' figli dissoluti la maestá del re, perché gli aiuti. Per le fanciulle matte ogni momento si chiede asilo a' vescovi nel chiostro.
Parola Del Giorno
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