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E così sorvegliando il nuovo domestico non tardarono ad avvedersi che vendeva l’avena, facendo digiunare il cavallo. Venne congedato. Subentrò Michele, uomo onesto, e abbastanza esperto nel servizio, ma un ubriacone di prima riga. Cesare lo seguì. Non si ubriacava mai, ma era un tal ghiottone che vuotava le casseruole sui fornelli, beveva il brodo e vi sostituiva dell’acqua. Anche questo fu messo alla porta. Ah! povero Mosè come fu rimpianto, come si deplorava la sua perdita ad ogni cambiamento! Finalmente venne Pasquale, un vero macaco, col muso delle scimmie antropomorfe: faccia rugosa, orecchie piatte, narici aperte, labbra sottili e bocca enorme, fronte ristretta, capelli neri ed irti come una spazzola. Aveva i difetti e le buone qualit

Quel giorno Andrea si astenne dall’abuso del vino, e Pasquale diede fondo alle bottiglie quasi piene che rimasero sulla tavola. Si dimenticò di dare l’avena a Falcone e a Martino; i polli ed i colombi rientrarono al pollaio e in colombaia senza l’ultima porzione di becchime, e i conigli rimasero senza cena.

Tutti la invocavano da ogni parte, chi domandava la panna per fare il butirro, chi voleva la crusca per le mucche, chi l’avena pel cavallo. Un affittuale veniva a fare un pagamento, un altro a domandare una sovvenzione, essa riceveva, pagava, notava, dava delle disposizioni opportune, e dei buoni consigli.