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Aggiornato: 11 maggio 2025
Pasquale, il macaco che stava nettando i finimenti sotto al portico, quando s’avvide che i due giovani andavano a visitare il cavallo, corse ad aprire la porta, e li precedette. Egli aveva certamente qualche cosa da nascondere. Quando entrarono, si avvicinava al cavallo che ebbe un tremito di paura, ma poi scorgendo Maria la buona bestia ripetè l’allegro nitrito, le appoggiò la testa sulla spalla, guardandola affettuosamente coi suoi grandi occhi neri, e raspando il pavimento colla zampa, per domandare qualche cosa. Maria disse al cugino:
E così sorvegliando il nuovo domestico non tardarono ad avvedersi che vendeva l’avena, facendo digiunare il cavallo. Venne congedato. Subentrò Michele, uomo onesto, e abbastanza esperto nel servizio, ma un ubriacone di prima riga. Cesare lo seguì. Non si ubriacava mai, ma era un tal ghiottone che vuotava le casseruole sui fornelli, beveva il brodo e vi sostituiva dell’acqua. Anche questo fu messo alla porta. Ah! povero Mosè come fu rimpianto, come si deplorava la sua perdita ad ogni cambiamento! Finalmente venne Pasquale, un vero macaco, col muso delle scimmie antropomorfe: faccia rugosa, orecchie piatte, narici aperte, labbra sottili e bocca enorme, fronte ristretta, capelli neri ed irti come una spazzola. Aveva i difetti e le buone qualit
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