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Aggiornato: 1 giugno 2025
Or dunque, mentre io m'apparecchio responderti, di' suso quel tuo promesso endecasillabo: o latino o lombardo che si sia, non voglio di cotesto piú teco disputare. Proprium vanitatis.
Non so se mai ci tornerò, caro signore, il commercio lombardo è così rifinito a Milano, e ridotto a così deplorabile condizione, ch'ella è gi
Ora a proposito, ditemi una cosa.... riprese dopo un po' di silenzio, è veramente calabrese questo don Peppino? Il campiere che ingoiava un grosso boccone, accennò di sì col capo. Calabresissimo, disse poi. O perchè allora lo chiamano il Lombardo? È lui che dice che è lombardo. E con quale scopo?
udimmo dire: «O tu a cu’ io drizzo la voce e che parlavi mo lombardo, dicendo
A questo punto la difesa, per bocca dell'avvocato Cuccia, domanda che nel verbale si prenda nota di quest'ultimo incidente tra il Proc. Gen. signor Noce, e don Peppino il Lombardo, come nuovo del tutto, e non consacrato nel processo scritto. Succede un incidente; ma dopo breve discussione, il Presidente ordina che le circostanze sopraddette siano inserite nel verbale.
Il viso di una bianchezza cerea spiccava ancora più sotto la lunghissima barba di un nero d'ebano; i suoi occhi bigi avevano uno sguardo duro, imperioso; il sorriso ironico delle sfingi increspava le sue labbra sottili. Quell'uomo era il conte Ercole Patta, da pochi anni dimorante a Milano, sebbene dicesse di esservi nato e parlasse difatti il più puro dialetto lombardo.
Talamone, S. Stefano, non sono sulla via di Sicilia, ma vi sono fortezze, presidii, e quindi depositi di munizioni da guerra, e le prore del Piemonte e Lombardo si dirigevano verso Talamone.
col resto della strofa, e con tutte le altre di quel lugubre canto lombardo che la tradizione non seppe portare intiero fino a noi.
non mi celar chi fosti anzi la morte, ma dilmi, e dimmi s’i’ vo bene al varco; e tue parole fier le nostre scorte». «Lombardo fui, e fu’ chiamato Marco; del mondo seppi, e quel valore amai al quale ha or ciascun disteso l’arco. Per montar sù dirittamente vai». Così rispuose, e soggiunse: «I’ ti prego che per me prieghi quando sù sarai».
Ritornando a Milano dopo così lungo spazio dì tempo, il mio primo pensiero fu per Clelia e Raimondo. Due volte soltanto io avevo avuto loro notizie; l'una per lettera nei primi giorni che io mi trovavo in Sardegna, e l'altra ad intervallo di qualche mese da un giovine signore lombardo, venuto in Sardegna per diporto, che io incontrai nelle mie escursioni artistiche.
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