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Aggiornato: 4 giugno 2025
Eccolo che leva gli occhi. Guarda quassù, guarda i nostri balconi. Difatti. Il colosso era lì, seduto a un tavolinetto tondo sul quale stavano il vassoio e la chicchera del caffè. Posava le mani sulle ginocchia e di volta in volta alzava gli occhi e li faceva trascorrere sulla facciata della biblioteca, lentamente. Così fa ogni giorno, da un mese disse l'usciere.
«Hai perduto! Ancora e sempre hai perduto!» Donato leva il capo dalle palme e sprofonda l'occhio nel buio, solcato a quando a quando dalle parabole delle lucciole e delle stelle cadenti.
POLINICO. O Lidio, leva el lume, che i volti veder non si possino, non è una differenzia al mondo da l'una all'altra. E sappi che a donna non si può credere, etiam poi che è morta. FESSENIO. Costui fa meglio che or or non li ricordava. POLINICO. Che? FESSENIO. Te accommodi benissimo al tempo. POLINICO. Anzi, dico bene il vero a Lidio. FESSENIO. Piú sú sta mona luna!
Si` tra le frasche non so chi diceva; per che Virgilio e Stazio e io, ristretti, oltre andavam dal lato che si leva. <<Ricordivi>>, dicea, <<d'i maladetti nei nuvoli formati, che, satolli, Teseo combatter co' doppi petti; e de li Ebrei ch'al ber si mostrar molli, per che no i volle Gedeon compagni, quando inver' Madian discese i colli>>.
<<Omai convien che tu cosi` ti spoltre>>, disse 'l maestro; <<che', seggendo in piuma, in fama non si vien, ne' sotto coltre; sanza la qual chi sua vita consuma, cotal vestigio in terra di se' lascia, qual fummo in aere e in acqua la schiuma. E pero` leva su`: vinci l'ambascia con l'animo che vince ogne battaglia, se col suo grave corpo non s'accascia.
Fleury. Storia Ecclesias. Vita di Carlomagno di Petruccio Ubuldino p. 66. Giovanni Diacono nel libro Delle vite dei vescovi napoletani afferma espresso come cotesto fatto era stato da un'anno prima stabilito tra Leone e Carlomagno. Altri ci leva il forse, e afferma Carlomagno avere fatto ammazzare in un giorno i figli di Carlomanno suo fratello, i principi Merovingi d'Aquitania, e 4500 Sassoni.
Se non che sin nell’entusiasmo del canto, ch’egli leva pieno di gioia, riflette e pensa che quand’anche potesse, non dovrebbe dimostrare il suo piacere,
Stelle crudeli, e che vo' far di questa mia vita? State un poco. Aimei! Son morto. Non mi menate via. COMPAGNI. Vien: non gridare. Piglial di lá. Sú! Ben. Con manco strepito che si può. Zitto! FILOCRATE. Taci, taci, taci! Leva, leva! Ognun corra ai malandrini. M'avete assassinato. Ah traditori! E dove mi portate? Lascia qui. Non è la tua. Non mi legate stretto, ché non voglio fuggire.
Poteva bensì sperare, e trovava talvolta un protettore che generosamente ne pigliasse sopra di sè la spesa: ed allora era ben naturale che la dedica fosse fatta al mecenate; anzi è da credere che la dedica fosse leva della operosa benevolenza, o che la benevolenza preludesse alla dedica.
La vista mia ne l’ampio e ne l’altezza non si smarriva, ma tutto prendeva il quanto e ’l quale di quella allegrezza. Presso e lontano, lì, né pon né leva: ché dove Dio sanza mezzo governa, la legge natural nulla rileva. Nel giallo de la rosa sempiterna, che si digrada e dilata e redole odor di lode al sol che sempre verna,
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