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Aggiornato: 18 giugno 2025
«Uno de' miei rivali era un certo Turiddu, figlio d'un emigrato, al quale il Governo aveva permesso da poco tempo di rimpatriare, e che, durante l'esilio, aveva cominciati gli studi universitarî a Parigi.
Fortunata avrebbe impietosito i sassi. L'ufficiale chinandosi sopra di lei le diede un bacio in fronte e le disse: Calmati... una madre non è mai un impiccio per sua figlia.... Io non te la ruberò la tua Margherita... con che diritto potrei rubartela?... Se tu non vorrai separartene, se non vorrai venire con lei e con me... mi avrai dato un gran dolore, m'avrai privato di ciò che poteva rendermi meno amaro l'esilio, ma non importa, io non te la ruberò.... Per altro fino all'ultimo giorno, fino all'ultima ora conserverò la speranza di persuaderti.... Oggi non parliamone più, è tardi e debbo essere al mio posto prima di sera....
Francesco II, Francischiello, aveva data l'amnistia: gli emigrati napoletani, a cui l'esilio era duplice dolore, ritornavano in patria, incerti, dubbiosi della parola malfida di questo Borbone, ma vinti da una irresistibile nostalgia.
Dal cinquanta al cinquantanove le congiure seguitarono nelle Romagne sempre occupate dai tedeschi per conto del papa, ma la persecuzione cessò di essere feroce. Pena maggiore divennero la prigionia e l'esilio. La prima quasi sempre evitabile col secondo. L'oppressione del governo era tutta morale, e forse per questo più dolorosa.
Che se il sig. Boncompagni non voleva leggere il Vangelo, ti dia la peste! avesse almeno letto il proemio al lib. 3. delle storie del Macchiavello, che ci avrebbe appreso come le contese tra popolo, e nobili augumentassero Roma però che vi definissero con una legge, mentre all'opposto nabissarono Firenze dove si terminavano con la morte, e l'esilio dei cittadini.
Il papa scelse un nuovo abate e lo mandò contro di lui con molte truppe, che solo dopo un difficile assedio riuscirono a sopraffare i ribelli. Questo stato di cose peggiorò durante l'esilio avignonese, e per molti anni l'abbazia rimase senza capo; quando poi un papa vi mandò un abate di Avignone, che col suo reggimento tirannico mise la disperazione così nei monaci come nei vassalli.
«Sventura agli uomini che, sconoscendo quanto ha di santo l'esilio, calpestando la sacra ospitalit
Parve ai papalini di vedere nelle parole di Ricasoli una provocazione. Essi consigliarono sempre più vivamente il Papa a partir per l'esilio. Secondo loro, egli doveva abbandonare Roma, andare a risiedere a Civitavecchia, circondato dalle sue truppe, ed aspettare l
Voi avete per troppo lungo tempo parlato, mentre gli altri spiavano e registravano. Non v'illudete. Oggi la scelta sia per voi tra il patibolo, la miseria, l'esilio o il combattere e vincere. Popoli della repubblica, ogni incertezza, ogni esitazione sarebbe vilt
Per altro, pensandoci bene, era stato un grande amore, quello della marchesa Polissena! E un grande rammarico era stato il suo, per l'esilio di Gino Malatesti da Modena! Bel modo, poi, di passargli daccanto, senza fermarsi mezz'ora, senza pur chiedere se fosse morto o vivo! Vedete un po' che strano contrasto, e un mese dopo i più terribili ardori, dopo i più solenni giuramenti di un amore eterno! Si sa, di eterno non c'è che la nostra sciocchezza, nel mondo; ma si vorrebbe almeno che certi aggettivi, come sono usati sinceramente, a significare la forza della passione, così non fossero dimenticati troppo presto. Non si salvano dunque neppure le apparenze? Morta la virtù, non c'è neanche più ipocrisia? Ecco qua la bella e ardente Polissena della fuga di Torino, che passava tranquillamente in vettura di posta da Pievepelago, vedendo lassù, dalla parte del Cimone, biancheggiare a mezza costa le case di Querciola, e non aveva nemmeno un pensiero per il povero confinato. Un servitore della signora marchesa poteva avere in tasca una lettera per Gino Malatesti, e ricordarsi di consegnarla a qualcheduno, che gliela facesse ricapitare. Lei, frattanto, passava di l
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