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Aggiornato: 24 giugno 2025
Su questo terrazzo erano appostati alle quattro e mezzo del mattino tre uomini, Lorenzo Salvani, l'Assereto e il servo Michele. La vettura con la quale erano giunti, l'avevano mandata più innanzi.
Stampare, poi, per non trovare un cane che ti voglia leggere. Vero, verissimo, soggiunse l'Assereto, se tu parli soltanto di quelle opere che si mettono in mostra dal libraio. Ma non potresti cominciare a scrivere un dramma.... una tragedia? Mi guardi il cielo dalle tragedie! gridò Lorenzo.
E adesso dove andrete? Dal Cavalli, a rifare la mano. Benissimo; a domattina. I due amici, salutato il Collini, andarono pei fatti loro. Ma come furono giunti sulla piazza delle Fontane Amorose, l'Assereto si fermò sui due piedi, guardando il compagno. Ebbene? disse Lorenzo. Che c'è? Sai una cosa? disse di rimando quell'altro. Questo Collini non mi pare un uomo solido. Baie! e perchè?
Il cominciamento fu felicissimo, poichè la medesima notte in cui l'Assereto narrava l'accaduto agli amici, eglino avevano in mano il bandolo della matassa, mercè la confessione del Bello. Il resto andò più lentamente, per quelle tali ragioni che governano ogni cosa di questo mondo, e fanno maturar tutto col tempo e colla paglia, come le nespole.
Strano! esclamò il Pietrasanta. Stranissimo! rincalzò l'Assereto. Il nostro amico, a dir vero, non aveva, rispetto a politica, nessuna carta di rilievo; che anzi aveva bruciato, o fatto a pezzettini, ogni cosa.
Il nostro Michele non si sarebbe doluto tanto di non vedere il Bello, se avesse saputo perchè la sua padroncina era contenta, quando egli s'era alzato da letto. Abbiamo narrato nel capitolo precedente che Lorenzo Salvani, uscendo di casa, era andato a' Banchi per salutare l'Assereto.
Scusi, disse l'Assereto, mettendo una mano al cappello, e accennando rispettosamente coll'altra alla vecchia signora, che volesse ascoltarlo; eravamo venuti a chiedere del nostro amico signor Salvani, e nessuno ci risponde.
Poco stante, il nostro Michele ebbe licenza di tornarsene ai dolci vincoli dell'Imeneo. Anche il Pietrasanta, l'Assereto, il Giuliani e il Mattei, allegro quartetto di scapoli, pigliarono il largo, dopo aver promesso ad Aloise che sarebbero andati il giorno seguente ad accompagnarlo allo scalo della ferrovia.
Alla loro comparsa sul pianerottolo, quegli che stava all'uscio si volse, e il Pietrasanta e il Montalto lo ravvisarono; era l'Assereto, l'Assereto, che, com'essi, veniva a cercar di Maria e di Michele per la seconda volta in quella mattina. Oh, alla perfine troviamo un amico! esclamò Aloise. Orbene, non c'è alcuno? Che volete? Suono, sto per dire, da un'ora, e nessuno mi apre.
Quello non era un amico dei soliti, un amico del buon tempo, e Lorenzo poteva dire di lui come Beatrice di Dante: «l'amico mio e non della ventura». L'Assereto aveva notata la tristezza di Lorenzo, e lo aveva tanto incalzato di affettuose domande, che questi gliene aveva detta finalmente la cagione. L'amico non era ricco; ci correva anzi di molto!
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