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Aggiornato: 6 giugno 2025
Il senator Barbarigo, il quale, per essere uno de' più anziani de' senatori, era quello per lo più a cui si rivolgeva l'attenzione de' suoi colleghi allorchè trattavasi determinare alcuna cosa, quando fu in segreto interpellato intorno all'opinione sua, non fece altro che alzar le spalle, e far quell'atto di chi non ha ancora fermo il suo partito, e quando sentì com'era concorde l'opinione publica per Candiano, ed anche fra gli stessi suoi colleghi, e che dopo una lunga discussione i due terzi de' voti furono per l'ammiraglio, non disse mai parola nè favorevole nè contraria, e da cui potessero trapelare i suoi pensieri; essendo però assai conosciuta la cattiva disposizione dell'animo suo rispetto a Candiano, ognuno dovette credere ragionevolmente ch'egli anche in quest'occasione, come sempre, avrebbe dato il voto contrario.
L'Arcivescovo, conosciuta la perfidia, si scusò con arte, e chiamato il Vescovo di Messina, mandò ad avvisare il Bonello come l'Ammiraglio si trovasse in casa sua.
Ora l'Ammiraglio, vedendo che il tossico amministrato ad Ugone non faceva gran frutto, timoroso dell'esito, presone seco uno più violento, andò con lieta faccia a trovarlo: gli favella dolcemente, protesta volergli ritornare amico, scapitare ambedue in quella contesa; pensasse a sanare; a lui più che ad altri stare a cuore la sua salute; avergli perciò recato un suo medicamento, che per certo lo avrebbe tornato da morte a vita.
«Va bene, Barbarigo: a dar spaccio a questa faccenda ci penserete voi.» «Candiano, il fiore de' prodi, il patrizio di cui la Serenissima ebbe sempre a lodarsi; che sotto la corazza d'acciaio ha il valore il più indomito, e sotto la casacca il cuore il più benefico; l'ammiraglio Candiano, che oramai è presso ai settant'anni, mi sembra, illustrissimi senatori, troppo superiore a queste accuse.»
L'ammiraglio guardatolo ben bene e riso un poco, «Perchè no?» disse, «così spiccherai meglio tra gli altri.» E di forza presolo per un braccio, lo condusse dentro. Ai due che entrarono preceduti da un valletto di casa Morosini che li annunciò, venne incontro il senator Morosini colla moglie e gran parte dei gentiluomini e gentildonne che gi
In una delle camere contigue, seduti ad uno scacchiere, senza pronunciare parola, attendevano al giuoco il senator Barbarigo e l'ammiraglio Candiano.
Gian Giacomo, dopo avere atteso alcun tempo, vedendo che l'ammiraglio ducale non disponevasi ad incominciare la pugna, ordinò ad una borbota e due piatte s'avanzassero ed ingaggiassero il combattimento. Uscirono immediatamente queste tre barche di schiera, e inoltratesi a mezza gittata di cannone dal nemico, il comandante la borbota fece appuntare una bombarda, e ne spiccò il colpo. Un globo di fumo si sollevò, ed avvolse tosto quella barca, sperdendosi in forma d'una colonna biancastra. Il trambusto che si vide tra gli uomini d'una nave dell'ala destra ducale indicò che la palla aveva dato in quella; infatti essa stessa girò di fianco e ripostò due colpi; la borbota e le piatte replicarono subitamente. Gian Giacomo comandò s'avanzassero due altre borbote con quattro piatte: progredirono queste pure, e, unitesi alle altre, trassero di bombarda all'inimico. Con meraviglia però de' Mussiani, e non senza sospetto nel Medici di qualche stratagemma, che ne addoppiò la vigilanza, i Ducali ripostavano radamente e sempre dalla loro ala destra, la cui estremit
«Questa parola, se non l'avesse pronunciata l'ammiraglio, avrebbe fatto uscire questa spada dal suo fodero.» «Sta quieto, mio prode, a miei tempi il milanese Battista Mandello dava lezioni di scherma in arsenale, e fece ottimi scolari. Vorrei sapere se i giovani d'oggidì valgono i giovani d'una volta.»
A tempo il seppe Giovanni di Procida, gran cancelliere, pei suoi molti rapportatori che in terraferma vegliavano assidui il nimico. Onde nel consiglio della regina, considerato il grave frangente; lungi il re; non esercito pronto; poca l'armata, l'audace partito si deliberò in cui solo era salvezza: assaltare gli Angioini risolutamente pria che tutte adunasser le forze. A ciò trentaquattro galee e più legni minori s'armano in fretta nel porto di Messina, di scelta gente catalana e siciliana, di finissime armi, di nobili arredi. Come la flotta fu in punto, Costanza fatto a sè venire, coi capitani minori e i piloti, l'ammiraglio, nudrito seco del medesimo latte, educato in sua corte, con vive parole rimembragli l'affetto della casa reale d'Aragona: tutto per lei andarne su quest'armata; l'onor del re, la corona, sè stessa e i figliuoli a due soli commetteva, a Dio e a Ruggier Loria. A questo dire le s'inginocchiava ai pie' l'ammiraglio, e co' riti dell'omaggio feudale, poste le sue nelle mani della regina: «Non fu unque vinto, le rispose, lo stendardo reale d'Aragona; nè oggi il sar
«Ecco l'Ammiraglio!» grida la ciurma; e si odono pel buio più persone che s'incamminano alla volta di Carlo. «Io depongo ai vostri piedi la spada,» favella un uomo sommessamente «e vi prego, glorioso signore, a ricevere l'omaggio della mia fedelt
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