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Aggiornato: 28 giugno 2025


La partita è magnifica. Una frenetica passione sportiva ci invade. Il record da vincere è allettante. Siamo pronti a qualsiasi combattimento, ma preoccupati sopratutto di velocit

Il fantasma dai labbruzzi rosati scompare, tutto un esercito di immagini paurose invade il campo dei suoi sogni ad occhi aperti; è un istante solo, ma quante amare ricordanze in un istante! Ah! che ha fatto! che ha fatto! Come sarebbe felice ora se...

Non più di remoti destini contenta Agli echi susurra del povero sasso, Non più del molino si abbraccia alla lenta Costanza e alla ruota fa muovere il passo: Percossa da nuova superba parola Lo spirto dell'acque precipita, vola, Divora le tenebre, le macchine invade, Riempie di sibili le morte contrade.

Nella più squisita coppa che arte di poeta lavorasse mai per quest'uso, Leopardi ne porge la più pura essenza del dolore del mondo e noi ne leviamo le labbra sospirando per una mistica ebbrezza che ne invade, che ne innamora di , che nei cuori giovanetti torna in idolatria vana del dolore, in concepimenti di poesia sconsolata, falsa e debole perchè artificiale ma tuttavia documento dell'occulto fascino di bellezza cui possiede il concetto più puro e più vasto del dolore, l'idea di un dolore inesplicabile, infuso al mondo dalla ignota sua Causa per modo che la stessa natura inferiore ne ha senso e lamenti e ne ha strazio di dubbi angosciosi l'intelletto umano, che senza posa ne domanda inutilmente il perchè al silenzio formidabile dell'Infinito.

Sebbene verun tribunale, veruna potente voce chiamasse conto a Ramengo dell'operato, lo interrogava fieramente una voce interna, quella che, se i gran malvagi asseriscono di non sentire più, o mentiscono, o il vero è che l'hanno soffocata sotto altre voci, principalmente sotto alla smania che gli invade di nuovi delitti. Come l'ubbriaco, allorchè il vino comincia a fargli dar volta al capo, crede ripararvi col berne del nuovo: come una donna che d'una prima infedelt

A quella voce ella si scuote: retrocede da prima, poi si accosta, e presa da subito tremito che le invade tutta la persona, risponde: Non è più tempo, Guiberto, guárdati: fuggi le terre d'Italia non sono più per te. Le nostre leggitrici han gi

Tamburi e trombe rumoreggiano improvvisamente, incessantemente. Un fremito convulso invade ogni astante: l’umana giustizia è fatta! I Bianchi ginocchioni pregano pel trapassato; il cappellano ne benedice il cadavere, che, non più come per lo addietro, rimane fino a tarda sera, per una giornata, penzoloni, ma vien presto rimosso, e se i delitti non esigano altro, trasportato entro una cassa alla chiesa dei decollati, nel vicolo S. Antoninello lo Sicco, sepoltura ordinaria dei rei di Stato; intanto che la folla superstiziosa si precipita verso la forca, affamata d’un brincello della sozza fune, gi

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s'alceste

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