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Aggiornato: 9 giugno 2025


Miraculosa gagliardia di quel muletto che porta cosí sconcio elefantaccio! CALANDRO. Fulvia! o Fulvia! FULVIA. Messer, che vuoi? CALANDRO. Fatti alla finestra. FULVIA. Che c'è? CALANDRO. Vuoi altro? Io vo insino in villa, ché Flaminio nostro non si consumi drieto alle cacce. FULVIA. Ben fai. Quando tornerai? CALANDRO. Forse stasera. Fatti con Dio. FULVIA. Va' in pace, col mal anno.

Basti che da colpa ei non è domo, Che per mano di Dio non debba pure Frangere il giogo, e avere in ciel rinomo. Basti ch'ei fra ignominie e fra sciagure Sta grande e conscio di virtù divine, E gli destan rossor vizi e lordure. Ei molto ignora, ma le sue rovine Attestan quella origin ch'egli avea, E suda a restaurarle insino al fine;

LIDIA. Io non so altro che darvi baci in vece di preghiere, io resto piena di felici speranze; adio. Balia, falle compagnia insino a casa, ch'io son gionta, non ne ho piú bisogno. AMASIO, BALIA di Lidia. AMASIO. Quanto sarei felice se quei baci, che mi pensandosi che sia donna, me li desse nella mia forma!

E leviamoci di questa strada presto, acciò non c'intopassimo in lui: ch'io non vo' che sappia ch'io sia in Roma insino a tanto ch'io non l'ho in luogo ove che non mi possa fuggire. RITA. Voltate di qua, se vi piace, ché l'è piú corta. MALFATTO servo, CECA serva.

CINTIA. So ch'egli arde di rabbia contro me e m'odia insino a morte: incontrandomi con lui, porrá subito le mani all'armi, le porrò anch'io. Io cercherò di pungerlo e inasprirlo con le piú ingiuriose parole che saprò imaginarmi.

DON FLAMINIO. In cosa ch'importa non si deve burlare. LECCARDO. Io penso che tu vogli burlar me. DON FLAMINIO. La burla insino adesso l'ho ricevuta in piacere, ma or mi noia. LECCARDO. Lasciarò le burle e dirò da dovero. DON FLAMINIO. Or di', in nome di Dio, e non mi tener piú in bilancia: parla. LECCARDO. Ho tanto corso che non posso parlare: non ho fiato.

XXII. Al Colonnello Luca Antonio Poi che rea sorte ingiustamente preme voi, ch'alto albergo sete di valore, sento, spirto gentil, un tal dolore, che con voi l'alma mia ne giace insieme. L'anima mia ne giace, e 'l petto geme, di non poter mostrar nel riso il core, a voi, cui bramo con perpetuo onore, piacer servendo, insino a l'ore estreme

E, se voi facesse a mio modo, pigliaresti altro partito e vi risolvaresti de' casi vostri: ché, per quel ch'io n'ho potuto comprendere insino a qui, voi vi perdete il tempo; ché la si mostra ostinatissima a non voler far mai cosa che vi piaccia. FLAMMINIO. E, se 'l dicesse Iddio, l'ha pure il torto.

In bocca la bizzarra un sassolino si getta per confonder la favella, caso che il ciurmador per rio destino fosse il guascon, che mai non vorrebb'ella; ma ci vuol flemma, ché insino a un puntino, al viso, al favellare, alla gonnella, alla disinvoltura, ed in sostanza è Filinoro: è tronca ogni speranza.

E, per questo, i' sono sforzato d'impegnarmi e gli amici e quanti cognosco per compir alla promessa della dote ch'io gli ho fatto; insino a tanto che l'infelice mia consorte mi mandi qualche danaio da casa. Cosí mi levarò pur di sospetto di quel pedantaccio ignorante: ché non mi maraviglio se non di chi gli crede a tali uomini che sono piú tosto l'infamia del mondo che no.

Parola Del Giorno

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